Un biglietto per piano orizzontale dei Giovi

Dopo il successo ottenuto con il rapido esaurimento del primo Quaderno pubblicato nel 2019 e dedicato alla stazione di Piano Orizzontale, abbiamo pensato ad un’edizione riveduta, con l’aggiunta di uno speciale inserto contenente immagini di vari autori che negli ultimi decenni hanno ripreso i più differenti rotabili in servizio lungo la storica linea dei Giovi. Abbiamo selezionato immagini significative che sono riportate nell’ordine geografico da Genova ad Arquata Scrivia, valorizzandone il punto di ripresa. Tra le fotografie pubblicate in questa appendice troviamo alcune inquadrature d’effetto di Piano Orizzontale dei Giovi, opere d’arte come il lungo rilevato in muratura ad archi a Isola del Cantone, il ponte a torre di Prarolo, ed altri punti che di sicuro incuriosiranno il lettore. La Valle Scrivia è ricca di vie di comunicazione e, oltre alla strada nazionale ed all’autostrada, vanta di avere ben due ferrovie importanti che collegano Genova al nord Italia, attraverso il valico dei Giovi. La Genova-Torino (via Busalla-Isola del Cantone), aperta al pubblico nel 1853 e che presenta la particolare caratteristica di avere una pendenza pari al 35 per mille, la massima ammessa per le linee ferroviarie italiane ad aderenza naturale. E la linea “Succursale” (via Mignanego), realizzata qualche decennio più tardi nel 1889, proprio con lo scopo di affiancare e supportare la linea “storica”, ma con la caratteristica di avere un tracciato più lineare, mantenendo una pendenza costante ed assai inferiore pari al 16 per mille, garantendo migliori prestazioni, soprattutto nell’aumento della velocità e nella conseguente diminuzione dei tempi di percorrenza. L’uscita di una edizione riveduta di questo Quaderno rende quindi onore ad una delle più anziane e belle linee ferroviarie dell’Italia che oggi compie 170 anni. La storia di Piano Orizzontale e le motivazioni che hanno voluto la realizzazione di questa stazione, posta a circa metà della salita della linea “storica” di valico, sono raccontati attraverso documenti, illustrazioni, planimetrie, disegni del materiale rotabile primordiale (i mitici “Mastodonti dei Giovi”), citazioni di personaggi illustri, storie di vita vissuta in ferrovia, cronache dell’epoca della sciagura ferroviaria dell’11 Agosto 1898. Un augurio quindi che anche questa edizione riveduta abbia il successo che merita ed un incentivo all’Associazione Mastodonte dei Giovi affinchè curi una lunga serie di Quaderni che trattano due delle linee ferroviarie di valico di notevole interesse storico e dalle caratteristiche tecniche uniche nel loro genere




Enea Silvio Recagno, trasvolatore atlantico di Cogoleto

Parlare di Enea Silvio Recagno oggi significa ricordare un personaggio di Cogoleto del quale, probabilmente, si conosce piuttosto poco sia perchè morì quasi novant’anni fa (1936), sia perchè la sua esistenza fu breve essendo nato nel 1900. Considerando i dati anagrafici si può sostenere che ebbe la fortuna di evitare la partecipazione ai due conflitti mondiali del XX secolo. Uomo dal carattere abbastanza riservato tipico della gente di Liguria e amante del mare, studiò dapprima all’Istituto Nautico, quindi all’Accademia navale. Quando entrò nella neonata Aviazione italiana (costituita nel 1923) in qualità di esperto pilota di idrovolanti, partecipò a viaggi esplorativi e ad alcune tra le principali crociere aeree italiane di massa effettuate tra la fine del secondo e l’inizio del terzo decennio del Novecento. Il regime fascista le enfatizzò, cercando di trarne la massima notorietà per avvalorare la propria immagine. Il libro non ripercorre nel dettaglio il loro svolgimento; la narrazione si sofferma, invece, soprattutto su aspetti che più da vicino riguardano Enea Silvio. L’ampia documentazione fotografica che correda il testo, unitamente alle immagini a colori, disegni e manifesti dell’epoca, dà un’idea di come in quegli anni si volle dare risalto alle trasvolate di massa, oltre che alle traversate in nave, e di come illustratori e disegnatori li rappresentarono. Questi ultimi documentarono anche il periodo coloniale italiano libico e dell’Africa Orientale. Per la sua temerarietà Recagno sperimentò, tra i primi collaudatori e più volte, sia i lanci di idrovolante da nave con il “sistema a catapulta”, sia gli aviolanci con il paracadute “Salvator”. La sua vita fu legata al mare come quella del fratello più anziano Alessandro (che divenne comandante della Marina Mercantile), ed all’aria, come quella del fratello più giovane Diego (divenuto generale di Brigata Aerea).  Il rapporto con Cogoleto fu più continuativo durante i primi anni fino al completamento della Scuola elementare e dell’Istituto superiore. Poi, per necessità, dovette staccarsi dal paese natale ed anche un po’ dai famigliari. Quando tuttavia riusciva ad avere qualche momento libero o periodi di congedo, ritornava presto a trovare la mamma (rimasta vedova quando Enea Silvio era quindicenne), le sorelle ed il fratello più giovane, e ad incontrare conoscenti e amici. Tra questi, oltre a cogoletesi con i quali aveva trascorso l’infanzia, vi erano anche alcuni aviatori liguri con cui aveva condiviso esperienze formative e avventure aeree transatlantiche. Fu Italo Balbo, allora ministro dell’Aeronautica, che lo chiamò ad entrare nella Scuola di Alto Mare di Orbetello come comandante dell’idrovolante I-RECA (I stava per Italia e RECA era l’abbreviazione del cognome del primo pilota). Al pari di alcuni altri validi aviatori scelse poi di seguire Balbo in Libia, dopo la nomina di questi a Governatore generale. Proprio durante un incidente al decollo da Genova per rientrare in Libia si concluse la vita di Enea Silvio.

Auguro che i testi e le illustrazioni che completano il libro, possano contribuire a mettere maggiormente in luce e a far apprezzare questo intrepido aviatore cogoletese.

TULLIO PAGLIANA Nato a Ormea (CN) in Alta Val Tanaro, risiede a Cogoleto (GE). Ha scritto diversi libri legati alla storia dell’Alta val Tanaro. La sua precedente pubblicazione di argomento aeronautico si intitola: “Stefano Cagna, un aviatore al fianco di Italo Balbo”, edizione a cura del Comune di Ormea, 2002. Ha scritto inoltre il volume: “Gli ospedali del Ponente genovese. Voltri, Cogoleto, Arenzano, Pegli-Pra’, Campoligure, Rossiglione. Storia, personaggi, immagini”, stampato nel 2010 a cura della Asl3 Genovese.




Svelati i segreti di Cristoforo Colombo

Il mare, il viaggio, il fascino dell’avventura e la storia di un uomo che ha voluto sfidare soprattutto se stesso con il coraggio di affrontare l’ignoto, per appagare la curiosità e la sete di conoscenza, che spesso portano

alle grandi scoperte della storia e spingono alle sfide più estreme, sono alla base di questo studio. Il mare rappresenta, per gli abitanti della costa, sia fonte di sostentamento e via di comunicazione sia motivo di preoccupazione e tristezza per le possibili avversità. In ragione di ciò, gli abitanti di Cogoleto si rapportano ad esso con devozione e rispetto, ne temono la forza ma ne ammirano la bellezza. Chi abita la nostra terra conosce bene il sapore e l’odore del mare immutati nello scorrere dei secoli. Sono le stesse emozioni che hanno segnato la vita del Grande Navigatore, la cui immagine ritorna spesso nella nostra storia, unitamente a quella di Bernardo Colombo, cogoletese, aspirante alla successione nei beni dell’Ammiraglio, all’estinguersi della linea ereditaria diretta. Il Comune di Cogoleto, ormai da tempo, porta avanti iniziative volte rivalutare la figura di quest’ultimo e le tradizioni colombiane locali. In quest’ambito l’acquisizione di una cospicua mole di documenti archivistici, nella quasi totalità inediti, ha consentito, non solo di dimostrare la liceità delle rivendicazioni di Bernardo Colombo e l’onestà del personaggio, da subito accusato di falso e bistrattato, nel corso dei secoli, da più di un autore, ma anche di riconsiderare molti aspetti della vita dello Scopritore. Lo studio che ne è scaturito, accurato e puntuale, frutto di un impegno lungo e faticoso degli Autori, ha consentito di raggiungere entrambi gli obiettivi, portando anche nuova luce sulle vicende personali dello Scopritore, sulle parentele e sul luogo natio, che documenti ufficiali italiani e spagnoli, indicano in Cogoleto. L’Amministrazione Comunale di Cogoleto auspica pertanto che quest’opera, in cui si sono utilizzati al meglio fonti documentarie e contributi di studiosi di ogni tempo e paese, consenta un sereno confronto di opinioni ed un nuovo impulso alla ricerca. Tutto questo per rendere omaggio alla figura di un grande Cogoletese.




Scarsa lingua di terra che orla il mare
Il mondo di Camillo Sbarbaro

A Santa Margherita Ligure Camillo Sbarbaro ha vissuto ben poco: dal 12 gennaio 1888, giorno della sua nascita, all’inizio del 1894, quando, rimasto orfano di madre nel precedente ottobre, si trasferisce con il padre e la sorellina, nel paese collinare di Voze, vicino a Spotorno. Ma è noto che le esperienze vissute nell’età infantile spesso segnano per tutta la vita e così è stato per Sbarbaro che, con il padre e la sorellina, sin da piccolo era stato abituato a camminare su per le prime pendici del monte di Portofino per conoscere il mondo della natura; gli odori e i colori, ma non solo dei fiori e delle piante più belle, ma anche degli insetti, delle erbette e dei muschi, attività che poi svilupperà nelle pause della sua vita militare: “Mi son dato a corpo perso alla botanica: scruto ogni indizio di verde che la neve lascia allo scoperto” scriverà il 9 gennaio 1919 all’amico Angelo Barile. Era dunque nata in lui bambino, in compagnia del padre e della sorella compagna delle sue escursioni (si veda la poesia La bambina che va sotto gli alberi) una stretta simbiosi con il mondo naturale che resterà per sempre nella sua vita e nelle sue pagine, come anche appare da alcuni suoi ricordi giovanili come questo inserito nel 1958 nei Fuochi fatui: Ogni volta che passo davanti al rosso caseggiato dove nacqui, vedo, al di là del cancelletto che dà sul cortile, due bambini: seduti sui calcagni, piluccano di tra la ghiaia certa erbolina che ha in bocca un sapore agretto (non cercai mai di conoscerne il nome: la profanerebbe). Ecco allora perché le sue poesie e prose liriche abbondano di spazi consolatori e quasi felici nelle descrizioni di paesaggi e del mondo della natura, così come al contrario quando la vita lo porta a vivere nella grande città in pieno sviluppo prima della Grande Guerra e dunque con spazi verdi sempre più ridotti, la sua malinconia, che talora sfocia in rabbia, non avrà confini al punto che nei versi di Pianissimo Genova non sarà neppure nominata e descritta solo come luogo di alienazione e di perdizione. E quando più tardi si abituerà infine alla vita nel capoluogo ligure, sarà per lui un piacere camminare al di fuori del centro e su per sentieri, percorrendo – come scriverà nelle Vedute di Genova – “quella che al giro del Follo s’inerpica di là del Bisagno – e la montagna sembra porgerle in fianco – ed è la mulattiera che conduce a Sant’Eusebio”. Riappacificatosi dunque con la Genova della periferia collinare e pur cominciando a cogliere anche nella metropoli spunti a lui congeniali, qui Sbarbaro vivrà di fatto tra il 1912 e il 1951 con le parentesi delle due guerre: nella prima richiamato alle armi e nella seconda sfollato prima a Spotorno e poi sulle sue frazioni collinari per sfuggire ai bombardamenti e poi alle violenze nazifasciste; e sarà proprio questa l’occasione per riavvicinarsi a quella natura vitale, fatta di foglie e di insetti oltre che di colori e profumi che era entrata in lui nei giorni dell’infanzia vissuti a Santa Margherita Ligure. E di questo mondo si nutre gran parte della sua produzione letteraria, offrendo così ai lettori occasione per conoscere da vicino, attraverso le sue parole, angoli di Liguria altrimenti ignoti; e se i lettori hanno anche la passione della fotografia ecco che gli scritti di Sbarbaro sono occasione unica per realizzare scatti di forte emozione come quelli esposti in questa mostra. E allora in una sequenza di immagini sempre più coinvolgenti, ecco apparire dai Trucioli e poi dai Fuochi fatui “alberi che sono delicate trine sciori- nate” e “il corbezzolo, mentovato da Lucrezio, che reca in una i mazzetti di bianchi fiori e lo scarlatto dei frutti”, e in autunno, i “grappoli che si scoprono, spogliando la vite, pregni di dolcezza”, mentre in marzo, allo sbocciare della primavera, “sul muro di cinta il tralcio del glicine s’incipria di azzurro” e più in su “gli uliveti salgono i colli, simili a greggi da tondere”; e se gli ulivi con le loro foglie che li adornano danno il senso della vitalità, “l’albero ignudo a mezzo inverno che s’attrista nella deserta corte” sollecita nel poeta un timore esistenziale: “io non credo di mettere più foglie e dubito d’averle messe mai” come leggiamo in una delle sue prime poesie inserite nella raccolta Pianissimo. E naturalmente non possono mancare gli amati licheni: “finché approdai ai Licheni… la dorata parmelia che il muro incrosta”. Della natura fanno parte anche i borghi che in essa si immergono e allora ecco spuntare un campanile che “in vista del cimitero, è un pastore che si trae dietro un gregge di croci e di cippi”, mentre nel paese marino il salmastro “morde le torri rosse di vedetta, lustra l’acciottolato dei portici tozzi e bui”. Già, il mare. A Santa Margherita Ligure il bambino Camillo non ha familiarizzato solo con le piante e gli insetti perché poco più in basso dalla casa della sua famiglia si raggiunge il mare e allora ecco che sulla spiaggia della sempre più attraente cittadina egli ha sentito il rumore delle onde e l’odore dell’acqua salata. E questa esperienza di vita marinara sarà poi ripetuta quando la famiglia, nell’autunno del 1894, si trasferirà a Varazze, altra cittadina di mare, per viverci fino al 1904; e al mare tornerà definitivamente per gli ultimi quindici anni della sua vita quando andrà a stabilirsi con la sorella a Spotorno. Ed ecco allora il mare entrare nelle sue poesie, diversamente e meno che nel primo Montale di Ossi di seppia dove rappresentava per il poeta la sola contrapposizione salutare alla freddezza della città. Per Sbarbaro c’era soprattutto la già ricordata simbiosi con il mondo naturale, sicché il mare da lui era visto come uno degli elementi, ma non l’unico e neppure il più appassionante, del mondo della natura anche se ad esso volentieri si abbandonava. E così “ti siedi e taci sulla spiaggia sterposa di contro a un pallido mare”, “un mare brulicante d’oro dove le vele sono fiamme esili” finché giunge l’ora del tramonto: “Quand’ecco, nell’appropriato scenario, il sole balza, bolla infuocata, sciorinandosi ai piedi un tremolante tappeto arancione”. E c’è il mare quieto come una “fredda lavagna infinita, percorsa da brividi di vento” e quello la cui “collera sugli scogli è il solo canto che s’accorda a te”, il mare che incornicia “il promontorio in faccia all’isolotto di Bergeggi” e quello a picco sotto “l’innocenza dell’albero! Il sole, l’acqua lo toccano in ogni foglia” in un dolce incrocio tra mare e vegetazione”. Ecco questo meraviglioso mondo naturale, ricco di ingredienti delle più varie specie, che troviamo soprattutto nelle pagine di prosa lirica di Sbarbaro, ora rivive nelle 33 fotografie, esito di artistica sensibilità e di avanzata tecnica, che sono qui esposte.




Quadrifonia

Non è mai semplice, quando si tratta di una mostra collettiva, individuare il filo che unisce gli artisti scelti, specie se si tratta di artisti di generazioni diverse e che utilizzano materiali diversi. Questa difficoltà può però essere la forza di una commistione di sensibilità e approcci, specie se il contesto espositivo è il fatto determinante, il motore primo dell’esposizione. E nel caso specifico, gli spazi industriali delle ex Officine Olivetti, una sorta di cattedrale dell’impresa italiana, del genio dell’impresa italiana, imponevano di essere all’altezza soprattutto nel senso della poliedricità, o della “polimeccanicità”, avrebbe detto Omero, delle opere che dovevano per forza echeggiare, pur lontane, il clima di innovazione introdotto da Adriano Olivetti.Con questa precauzione, insieme ad Andrea Daffra, abbiamo deciso di chiamare quattro artisti che sperimentano le quattro componenti base del fare arte e cioè forma, segno, materia, colore che è rimasto il sottotesto rispetto al titolo Quadrifonia, essendo la quadrifonia una tecnica di registrazione del suono che prevede quattro flussi sonori destinati a essere riprodotti ognuno da un diverso diffusore acustico. Ci è piaciuta, non solo l’idea di un suono composto da quattro suoni che proprio per questo assume, nella complessità, una purezza e una fedeltà assolute, e una unicità nuova, ma anche l’assonanza con “quadrofonia” che sarebbe stato un neologismo degno di Olivetti, una musica cioè proveniente dai quadri, nel miglior intento soprattutto dell’astrazione storica di inizio Novecento e delle idee di Henri Bergson, cioè di un’arte capace di mediare – come la musica – sentimenti, senza utilizzare figure. Così siamo partiti da Enzo Cacciola, membro storico della Pittura Analitica, di cui tra poco cadranno i cinquanta anni, che si è sempre mosso sul crinale tra segno e materia, cercando la via di un’arte concettuale che però non rinunciasse al dato pittorico né paradossalmente a quello materico, pur nella rarefazione del colore. In opposizione tensiva, una grande installazione di forte impatto visivo, sintetizza invece il lavoro di Marica Fasoli che abita quel territorio complesso tra astrazione e iperrealismo, venendo a definire un campo di azione nuovo in cui la materia si assoggetta al segno e il segno al colore; resta perfino il dato concettuale poiché l’artista principia il suo lavoro dalla costruzione di origami che poi vengono smontati e di cui rimane solo la piega. Federico Ferrarini, al contrario, che da anni lavora sulla pietra, innesta sul dato propriamente materico una componente di forte spiritualità che gli consente una fuoriuscita dal minimalismo e un’apertura verso il simbolismo, anch’egli con una istallazione che dialoga perfettamente con lo spazio Olivetti, piovendo dalle arcate come una cascata, la materia dura assume un carattere quasi aereo. Infine Alfredo Rapetti Mogol, in stretto confronto con Cacciola, si concentra sul segno che diventa testo, o per essere ancora più precisi sul testo che ritorna a essere segno: il pretesto assorbe il contesto e dunque il testo in una dimensione tra minimalismo e arte concettuale, ma intrisa di forte lirismo. Indimenticabile se il ami ac ur a, che esemplifica alla perfezione la questione su cui riflette da sempre l’artista milanese fin dagli esordi delle prime tele monocrome intessute di una scrittura segnica ma priva di riferimenti comprensibili, in questo caso però lo sforzo visivo e cognitivo dello spettatore è in grado di ricostruire il senso della frase che si appalesa miracolosamente e in questo sta la bellezza di un’opera che oserei dire “cinetica”.




In cammino con padre Mauri a Sestri Levante

“È una calda mattinata del giugno 1922. Sotto la pensilina della Stazione Centrale di Milano è in partenza il treno per la Riviera Ligure. Un gruppo di signore occupa un modesto scompartimento. È diretto con me a Sestri Levante per aprire una casa destinata all’assistenza delle madri vedove e orfani dei caduti in guerra. È il battesimo dell’Opera Madonnina del Grappa, ancora in pectore”. Così scrive padre Mauri, nel 1952. Da quell’anno ad oggi, circa 300mila persone sono arrivate a Sestri Levante. Hanno sostato presso l’Opera Madonnina del Grappa, hanno percorso le strade di Sestri, ne hanno incentivato l’economia, hanno potenziato i servizi delle ferrovie e degli uffici postali, hanno diffuso in tutta Italia la rilevanza turistica e culturale della città di Sestri e del suo territorio. La Casa di Sestri Levante è cuore pulsante della Chiesa e di tutta la Famiglia spirituale di Padre Mauri, diffusa in Italia e in Rwanda. La sua missione è quella stessa della Chiesa: annunciare con la vita che più forte della morte è l’amore e perciò solo l’amore salva. Un amore che si fa Casa che accoglie e dove ogni viandante della vita può sostare, dove c’è sempre una porta aperta e una luce accesa. Forse, in una notte buia, quella luce può essere un punto di riferimento e qualcuno che si era perduto può ritrovare la sua strada.  (dalla introduzione di Rita De Micheli – Responsabile Generale dell’Opera Madonnina del Grappa)

FRANCESCO BARATTA È nato e risiede con la moglie Rosetta a Sestri Levante: due figli e cinque nipoti. Commendatore della Repubblica e dell’Ordine Equestre di San Silvestro, già Presidente della Fondazione Beato Junipero Serra, è stato Presidente regionale e Consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa italiana e membro dell’Accademia Cultori di Storia Locale. Giornalista pubblicista, ha ricoperto significative responsabilità in ambito diocesano: direttore del periodico “Il Villaggio del Ragazzo”; Direttore di Telepace; direttore di “Voci dal deserto, monasteri di Betlemme”; direttore editoriale di “Serra Tigullio” ed è stato Direttore dell’Ufficio per la Promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. È autore di libri e saggi pubblicati da Internòs Ed., Fratelli Frilli Ed., Le Mani, Il Geko edizioni. On line i suoi libri su: Unilibro, La Feltrinelli, Mondadori Store, Libreria Universitaria.it; Ibs.it. Di recente, ha condiviso con Pierluigi Pezzi le pubblicazioni: Don Marcello Botto, un parroco e la sua gente – 2016 e 2023; Alfredo Bastogi, Sacerdote di famiglia in famiglia – 2021; Agostino Dellepiane, sacerdote a Barbagelata dal 1951 al 1989; Da quel 2 luglio nell’orto … incontri e miracoli; Chiesa di Chiavari, da 130 anni diocesi – 2022; In cammino con padre Mauri a Sestri Levante – 2023.

PIERLUIGI PEZZI Nato e residente a Chiavari, con la moglie; una figlia e due nipoti. Laureato nel 1974, ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro e nei trasporti; fino al 2016, in Autostrade, a Roma. Perito Storico, tra il 2014 e il 2018, per la Causa di Beatificazione di don Nando Negri; da gennaio per la Causa di Beatificazione del giovane Albino Badinelli.  Nominato da Papa Francesco, il 13 febbraio 2023, Cavaliere dell’Ordine Equestre di San Silvestro papa; attualmente, assolve diversi incarichi presso la Curia Vescovile di Chiavari, in nome e per conto del Vescovo diocesano, mons. Giampio Devasini. Ha pubblicato (Il Geko edizioni): Mario Sbarbori, Un Dono – 2002; Don Gian – 2018; Chiavari per noi – 2020; È cambiato il mondo – 2023.  Con Margherita Casaretto: San P˘e, storie di nostra gente – 2017.  Con Francesco Baratta: Da San Quirico a San Bernardo; Don Botto, un parroco e la sua gente; Non solo don Nando; Olga e Gigetto Negri; L’arte culinaria nel bel Paese: regole e tradizioni per monasteri e abbazie; Alfredo Bastogi, sacerdote di famiglia in famiglia; Agostino Dellepiane, sacerdote a Barbagelata dal 1951 al 1989; Da quel 2 luglio nell’orto … incontri e miracoli; Chiesa di Chiavari, da 130 anni diocesi; In cammino con padre Mauri a Sestri Levante.




La Società del Giardino e Palazzo Spinola
Cenni Storici, Ambienti, Arte e Arredi

Nel 2023 la Società del Giardino raggiunge un traguardo prestigioso: quello dei duecentoquarant’anni di attività. Un’attività sociale che non ha mai subito interruzioni (se non quella della durata di un mese o poco più, imposta dagli austriaci a metà dell’800 durante i moti insurrezionali e quella, recentissima ma un po’ più lunga, dettata dalla pandemia). In alcune delle memorie storiche del Sodalizio si parla della Società del Giardino in questi termini, paragonando i soci a un mazzo di fiori: «…come i fiori, dovendo la propria prosperità all’essere stati trapiantati dalle modeste sedi di Vicolo dei Ponzi, di Due Muri e infine Via Clerici per crescere, a partire dal lontano 1818, in floridezza e fama nel monumentale palazzo Spinola…». Queste furono le radici curate e coltivate «…da un esiguo gruppo di buoni ambrosiani, fino a raggiungere quella floridezza e armonia di intenti dovuta al concorde volere di gentiluomini rispettati nelle scienze, nelle arti, nelle industrie, onorandosi di appartenere al Circolo…». Rileggere queste poche parole scritte dal Consiglio Direttivo al principio del Novecento significa respirare quella che è ancora oggi l’atmosfera del Circolo: gentiluomini orgogliosi di esserne parte, assicurando continuità alle tradizioni conviviali, culturali e di amicizia che da sempre animano la vita sociale quotidiana a Palazzo Spinola. Nel corso di più di due secoli, la Storia, quella con la S maiuscola, è passata dalle sale del nostro Circolo: la grande temperie culturale dell’Illuminismo, la parabola di Napoleone, la restaurazione austriaca, i moti insurrezionali, il Regno d’Italia, i due grandi conflitti mondiali, fino ad arrivare alle sfide dei nostri giorni. Il Circolo è stato testimone anche di tante trasformazioni e molteplici cambiamenti verificatisi nel tessuto sociale, nel mondo dell’impresa, nell’urbanistica, senza che queste ne abbiano intaccato lo spirito costituente che è rimasto integro, resistente. La sede sociale è stata via via arricchita e abbellita nonostante i rilevanti danni subiti a causa del bombardamento alleato su Milano dell’agosto 1943. La compagine sociale ammonta oggi a più di cinquecento soci: soci che sono anzitutto amici, che continuano a rappresentare un punto di riferimento per la città di Milano, ma senza apparire. Anzi: con garbato, silenzioso profilo. Il primo numero del «Corriere della Sera» (siamo nel 1876) che consta di tre pagine di cronaca riporta, nella sezione della cronaca cittadina titolata Effemeridi Milanesi, il resoconto di una riuscita festa al Circolo, dove l’atmosfera era di viva internazionalità. Internazionalità che ancora oggi ci pregiamo di coltivare, attraverso quella rete di selezionate reciprocità con Circoli di tutti i continenti, partendo da una Milano che, da sempre, non ha voluto rinunciare alla vocazione che viene dal suo nome: mediolanum, terra di mezzo, terra di incontro tra nord e sud, tra est e ovest. Restiamo nell’Ottocento: nel 1881 l’editore Vallardi affidò a Vespasiano Bignami, pittore Scapigliato anima della Famiglia Artistica Milanese, il compito di descrivere il variegato mondo dell’associazionismo milanese. Scrive Bignami, paragonando i milanesi a «molecole simpatizzanti» che formano «nuclei per forza di attrazione e si vanno ingrossando»: «ho scoperto che se i milanesi si associavano così volentieri e la duravano a tenersi uniti, manifestavano d’essere di buona pasta e laboriosi, perchè le associazioni o si propongano una meta seria, o sieno mero passatempo, oppure una mistura di questi due ingredienti, portano sempre del lavoro». Labor omnia vincit.

Vantiamo inoltre una tradizione sportiva che è frutto di una scelta strategica dei nostri predecessori, i quali videro nella pratica della scherma una disciplina sportiva utile al corpo e al carattere, funzionale alla crescita psicoattitudinale e fisica del galantuomo. Questa tradizione ultracentenaria ha portato la Società del Giardino a ricevere, per prima in Italia, il Collare d’Oro al Merito Sportivo, attribuitoci nel 1997 dal C.O.N.I. per i tanti successi olimpici e mondiali dei nostri atleti. Nel medesimo anno abbiamo ricevuto il Trofeo Olimpico dal C.I.O. La nostra Sala d’Armi è infatti ancora oggi la società sportiva nazionale che ha vinto di più, con i suoi ventinove ori olimpici e quarantasei ori mondiali. I rapporti con il Corpo Diplomatico, con le Forze Armate, con i numerosi Circoli Reciprocati in Italia e all’estero e con le istituzioni culturali del territorio fanno sì che la Società del Giardino sia oggi un punto di riferimento per la città di Milano. Il Circolo è socio permanente della Croce Rossa Italiana sin dai primissimi anni del Novecento. È dunque con grande piacere che quest’anno ristampiamo il presente volume, che ripropone, aggiorna ed integra il catalogo illustrato organizzato per sale della quadreria, delle sculture e degli arredi ideato e curato dal Starleen K. Meyer ed edito in prima edizione nel 2008, e ristampato nel 2016. Sono state inserite due nuove sezioni, con contenuti inediti. Una prima sezione si sofferma ad elencare gli ambienti e le sale più importanti di Palazzo Spinola, dandone anche qualche cenno storico, per poter meglio seguire la descrizione del patrimonio artistico illustrata nel corpo principale del volume. È stata poi aggiunta una seconda sezione: una nuova ricerca storica e iconografica che vorrebbe provare a comprendere come il Circolo ha rappresentato graficamente la propria identità nel corso degli anni, a partire dagli albori. Si è cercato infatti di ricostruire la storia e l’evoluzione di quello che potremmo oggi chiamare il logo del Club, ovvero la corbeille floreale che oggi lo rappresenta. Emerge così dalla narrazione, combinata alle schede di catalogo e alle immagini, una guida al patrimonio artistico della Società del Giardino inserita nel contesto storico, culturale e sociale che l’ha vista nascere, svilupparsi ed evolversi.




Giuseppe Pesa a Camogli
Memoria di una bellezza infinita

Per ragioni di età e di ancora discreta memoria posso rientrare fra le persone che si ricordano del pittore Giuseppe Pesa. Per averlo visto muoversi a Camogli e per aver potuto guardare le sue opere … quando le realizzava e anche in seguito nelle case dei suoi numerosi e agiati committenti e in qualche esposizione come quella allestita adesso. Ricordo abbastanza nitidamente – nonostante la differenza di anni – lui un uomo fatto e io un ragazzo, quel tipo di provenienza meridionale ( credo calabrese) di bassa statura, di modi spicci e di parlata svelta, un po’ agitata che doveva essere arrivato a Camogli per qualche motivo personale e aveva probabilmente riconosciuto nel paesaggio, nel porto di Camogli, nelle sue case e soprattutto nell’ambiente marino un’affinità strutturale e coloristica con la sua terra di provenienza, che nel corso della sua attività artistica fu capace di restituirsi nei suoi quadri, con sensibilità personale e maestria tecnica evidente. Di mio posso aggiungere che ho trovato una volta un testo di prosa di Montale che accostava – da par suo – alcune qualità paesaggistiche delle “sue” giovanili Cinque Terre con l’attraente originalità territoriale della Calabria Tirrenica (lascio il valore del riferimento a chi lo ha formulato). E così anche all’impreparazione del ragazzo o del giovane che ero io allora, quei quadri di Pesa apparivano piacevolmente composti e coloristicamente risolti in maniera affine alla migliore tradizione paesaggistica regionale e nazionale. Di quelle lontane emozioni conservo dunque una gradevole memoria non disgiunta dalla gratitudine dovuta a chi ha saputo leggere la realtà dove vivevo ( e continuo a stare) e a farmene risaltare l’obiettiva bellezza Silvio Ferrari 31 luglio 2023




Don Marcello Botto
Un parroco e la sua chiesa

In questo volume con prefazione di mons. Alberto Tanasini – Vescovo diocesano di Chiavari, sono tre le parti proposte: • una semplice biografia di don Marcello, per ricordare le tappe della sua vita, collocandole nel contesto familiare, sociale, economico e culturale del territorio e della chiesa chiavarese.. • La documentazione riferita ai lavori di rigenerazione della Basilica di S. Salvatore dei Fieschi, all’inizio del ministero parrocchiale di don Botto (1968 – 1970), favorisce la riscoperta dell’immagine di don Marcello in preghiera nella sua chiesa; c’è un intreccio spirituale, nel fascino mistico della semplicità, nella bellezza ascetica del tempio, tra le note armoniose di un silenzio essenziale. • Le omelie nella Messa domenicale, nell’ultimo anno di vita di don Marcello con una chiave di lettura suggerita da don Federico Pichetto (certamente tra gli eredi spirituali di don Marcello e Missionario della Misericordia nel Giubileo Straordinario del 2016 voluto da Papa Francesco). La lettura di queste meditazioni appare come una sfida per i nostri giorni: più ti addentri nello scorrere le omelie di don Marcello più intuisci l“oceano di santità” nel quale ha vissuto, sempre con un anelito di Paradiso.

FRANCESCO BARATTA È nato e risiede con la moglie Rosetta a Sestri Levante: due figli e cinque nipoti. Commendatore della Repubblica e dell’Ordine Equestre di San Silvestro, già Presidente della Fondazione Beato Junipero Serra, è stato Presidente regionale e Consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa italiana e membro dell’Accademia Cultori di Storia Locale. Giornalista pubblicista, ha ricoperto significative responsabilità in ambito diocesano: direttore del periodico “Il Villaggio del Ragazzo”; Direttore di Telepace; direttore di “Voci dal deserto, monasteri di Betlemme”; direttore editoriale di “Serra Tigullio” ed è stato Direttore dell’Ufficio per la Promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. È autore di libri e saggi pubblicati da Internòs Ed., Fratelli Frilli Ed., Le Mani, Il Geko edizioni. On line i suoi libri su: Unilibro, La Feltrinelli, Mondadori Store, Libreria Universitaria.it; Ibs.it. Di recente, ha condiviso con Pierluigi Pezzi le pubblicazioni: Don Marcello Botto, un parroco e la sua gente – 2016 e 2023; Alfredo Bastogi, Sacerdote di famiglia in famiglia – 2021; Agostino Dellepiane, sacerdote a Barbagelata dal 1951 al 1989; Da quel 2 luglio nell’orto … incontri e miracoli; Chiesa di Chiavari, da 130 anni diocesi – 2022; In cammino con padre Mauri a Sestri Levante – 2023.

PIERLUIGI PEZZI Nato e residente a Chiavari, con la moglie; una figlia e due nipoti. Laureato nel 1974, ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro e nei trasporti; fino al 2016, in Autostrade, a Roma. Perito Storico, tra il 2014 e il 2018, per la Causa di Beatificazione di don Nando Negri; da gennaio per la Causa di Beatificazione del giovane Albino Badinelli.  Nominato da Papa Francesco, il 13 febbraio 2023, Cavaliere dell’Ordine Equestre di San Silvestro papa; attualmente, assolve diversi incarichi presso la Curia Vescovile di Chiavari, in nome e per conto del Vescovo diocesano, mons. Giampio Devasini. Ha pubblicato (Il Geko edizioni): Mario Sbarbori, Un Dono – 2002; Don Gian – 2018; Chiavari per noi – 2020; È cambiato il mondo – 2023.  Con Margherita Casaretto: San P˘e, storie di nostra gente – 2017.  Con Francesco Baratta: Da San Quirico a San Bernardo; Don Botto, un parroco e la sua gente; Non solo don Nando; Olga e Gigetto Negri; L’arte culinaria nel bel Paese: regole e tradizioni per monasteri e abbazie; Alfredo Bastogi, sacerdote di famiglia in famiglia; Agostino Dellepiane, sacerdote a Barbagelata dal 1951 al 1989; Da quel 2 luglio nell’orto … incontri e miracoli; Chiesa di Chiavari, da 130 anni diocesi; In cammino con padre Mauri a Sestri Levante.




Il Diritto di una Scintilla

Qual è il Diritto di una Scintilla? Scatenare un immenso incendio: ed è questo che accadrà durante una semplice caccia al tesoro tra amiche, che si rivelerà tutt’altro. Storie ambientate in più epoche s’intrecciano e sono connesse in un grande “Gioco”: i migliori avventurieri del mondo si sfidano tra enigmi e ostacoli oltre l’ultima frontiera, nei luoghi più selvaggi e inospitali del Pianeta. Qual è il mistero dietro al grande sistema? Questo è il primo libro di una saga che condurrà il lettore in un mondo nel mondo, in cui scoprire le radici dell’esistenza.

CHRISTIAN ROCCATI è scrittore, guida ed esploratore. Dirige l’Extreme Team di Kailas, per cui fa formazione e conduzione. Storico, artista, Accademico e Testimonial Alpinistico del GISM, ha al suo attivo oltre 34 libri, 1500 articoli, premi letterari e più di 700 conferenze tra cui il TEDx. Atleta agonista con 8 podi ai campionati italiani e numerosi record, tra cui un viceprimato nazionale e il minimo per i mondiali, pratica in apertura e ripetizione ogni disciplina esistente nel panorama outdoor, tra le terre estreme del mondo, dalle salite sulle montagne himalayane alle traversate nei deserti, sul mare congelato o nelle foreste, dalle scalate sulla punta dei millimetri alle immersioni sotto il ghiaccio o le discese in grotta.




Come in un sogno avverato

“Perché la poesia in questo mondo infame è la strada verso la luce che illumina la vita di un umile”. Questo è quello che mi disse una volta un barbone ubriaco sulle rive di un fiume senz’acqua. Sembravano parole senza senso invece mi hanno accompagnato per tutta la vita. Perché la poesia è compagna di chi è solo, di chi non riesce a gridare la sua gioia e il suo dolore, di chi ha paura di conoscere e di sapere ma che dentro sa e conosce il senso della vita.

STEFANO DE LORENZI (1956) non è un poeta di professione, ma ha vissuto la vita come se fosse una poesia. È stato un magazziniere, un cantautore, un regista radiofonico, un responsabile commerciale, un ristoratore, un creatore di agriturismi, un contadino, un produttore di birra, un consumatore appassionato di vino, un marito, un papà, un nonno.




CABIRIA 203-204
Studi di cinema

Ritorno ad Assisi Ogni volta che torniamo ad Assisi è un’occasione per scoprire novità dimenticate: nell’Archivio della Pro Civitate Christiana, tra le carte impolverate, abbiamo trovato altre preziose testimonianze, come gli interventi che Pier Paolo Pasolini ha tenuto nei vari convegni che là si tenevano regolarmente negli anni Sessanta e che radunavano cineasti, scrittori e intellettuali di ogni provenienza e tendenza. E quindi, non solo per far conoscere due testi inediti del poeta-regista, ma anche per fare un po’ di chiarezza sulle date, sui titoli e sui partecipanti, con Giovanni Ricci abbiamo deciso di realizzare questo nuovo Laboratorio su un argomento già affrontato in «Cabiria» 199-200. Ricci, da esperto dell’opera di Pasolini qual è, con spirito da ricercatore e scrupolo da filologo, ha saputo collocare quei due discorsi nel contesto in cui sono stati pronunciati, ma anche più in generale nei multiformi temi dell’autore, ipotizzando anche un possibile rimando alle frequentazioni assisane tra le pieghe delle novelle boccaccesche del film Decameròn. Un altro episodio dimenticato dell’attività di Pasolini come sceneggiatore lo racconta Alberto Anile: riguarda un film hollywoodiano girato in Italia, in Friuli, terra di elezione per il poeta di Casarsa. Ma le riscoperte non finiscono qui: Adriano Aprà presenta e traduce un saggio del critico Michel Mourlet che a distanza di più di sessant’anni non ha perduto una virgola della sua carica provocatoria; Rinaldo Vignati torna a esplorare i rapporti tra Montanelli e il cinema, rivelandoci contatti insospettati con personaggi del calibro di Walt Disney e Margherita Sarfatti. E poi un dibattito allargato su cinema e diversità culturali a cui partecipò Rossellini; un racconto di Chaplin pressoché sconosciuto; il rapporto tra David M. Turoldo, uomo di fede e di cultura, e il cinema… Per finire il nuovo film di Bellocchio che, come al solito, ci stupisce per la sua capacità di esplorare le contraddizioni dell’animo umano tra una famiglia naturale e una elettiva, tra fede e fanatismo. Ce n’è per tutti i gusti, mi auguro. Marco Vanelli




La Signora Meloncini e tutti gli altri
Quarantaquattro racconti

“Sarebbe meglio sedersi in un bar e prendere un caffè con la Signora Meloncini, stare con lei una mezz’oretta ad ascoltare i suoi commenti per confondere profondità e leggerezza, per scoprire alla fine che il mondo è un po’ diverso da come lo avevamo immaginato”. (dalla prefàzione di JR. Rebay)




Colombara Neroro

È da una palpabile fragilità che prende forma la materia che Piergiorgio Colombara plasma con estrema eleganza e raffinatezza esecutiva. Surrealista nell’evocare e occultare insieme le fisionomie che vuole suggerire, rigorosamente sottovoce, all’osservatore più curioso e attento. L’Arte di Colombara non è, infatti, amicale, pone continuamente interrogativi che spesso restano insoluti; i suoi lavori ci mettono in crisi e provocano un vitale straniamento, stimolandoci a compiere una riflessione più profonda che travalica la realtà. Colombara soppesa le parole da utilizzare per raccontare le proprie creazioni, si serve dei titoli – spesso emblematici – per dare corpo e spessore, così come misura la massa stessa che impiega senza mai eccedere. La corposità e la durezza dei metalli (bronzo, ottone, rame, piombo) è in dialogo costante, ora con la morbida e calda cera, ora con il vetro soffiato per definizione leggero e delicato: nelle sue mani tutti gli elementi sono sgravati dal proprio peso, modellati per diventare i profili tubolari delle sue “gabbie” o resi finissimi steli che si librano nello spazio.Il gioco dei contrasti materici tra metallo e spazialità aerea, spesso abitata da filamenti e “ricami metallici” – sosteneva Gillo Dorfles – crea una “titubanza percettiva” che costituisce uno dei fattori più enigmatici dell’Opera dello scultore genovese. Dalla tensione enigmatica del vuoto agli echi culturali antichi fino alla raffinatezza della tecnica esecutiva, l’universo creativo di Colombara è abitato da vesti, motivi geometrici in pizzo, merletti, corpetti, guanti traforati, maschere ma anche da scale, urne, aerei, strumenti musicali afonici che smarriscono la propria entità e funzione per trasformarsi in oggetti per cerimoniali di un culto remoto, reliquari di riti e incantesimi.




C’Arte

Guardare e vedere oltre, guardare oltre e scoprire qualcosa dentro di noi di insperato. Può succedere nei magici momenti di suggestione contemplativa. Può succedere di fronte a un’opera d’arte che cattura la nostra attenzione al di là dell’immagine proposta, talora addirittura nonostante quell’immagine. In particolare il mondo dell’arte può offrire tali straordinarie opportunità. Le opere di Rino Valido costituiscono un perfetto esempio di un simile processo di conoscenza poiché esaltano le capacità seduttive del paesaggio. La sua pittura, che potremmo definire “poeticamente informale”, nasce da un processo figurativo che tanti anni fa ha subito una violenta folgorazione grazie alla frequentazione della Camargue che non descrive ma interpreta la natura, la plasma di contrastanti tonalità, come se fossero pennellate di luci e di ombre a determinarne l’anima. Da quel momento Valido ha trasferito sulla tela e sulla carta quelle emozioni che in seguito ha rinvenuto in altri paesaggi reali o alimentati dall’emozione. Il nostro artista ha dunque attivato quel processo di conoscenza dell’“oltre” per realizzare le sue opere. Ogni osservatore riesce dunque a scoprire o a recuperare il “paesaggio” che gli compete in ciò che gli viene proposto come elemento di ricerca o come alimento da consumare con lo sguardo. Noi tutti ci riconosciamo in un’immagine piuttosto che in un’altra proposta da un dipinto di grandi dimensioni o emersa da un piccolo quadro suscitato da un’improvvisa folgorazione. Ogni sua opera vive infatti di intima completezza. Anche le carte assorbono e diffondono la medesima magia. In particolare quelle carte che riescono a suggerire all’artista, nella loro discontinua palpabilità, la tipologia di approccio compositivo. Sotto tale profilo l’attuale mostra di Rino Valido, intitolata “C’Arte”, accolta nel Museo delle Cartiere di Toscolano Moderno, in provincia di Brescia, assume una particolare importanza poiché, se è vero che materia chiama materia, i risultati offerti dalla cartiera sposano con effetto simbiotico i comportamenti pittorici dell’artista ligure. Infatti il gesto, almeno il primo gesto, subisce il fascino di una superficie non perfettamente omogenea che invita a inseguire la traccia partendo dalla sua nascita. Egli è intervenuto proprio su questi fogli modellati dalle storiche cartiere della valle e filigranati dallo stesso museo. In tal modo suggestione chiama suggestione. Per portare due esempi illustri, Leonardo guardava e recuperava per il suo comportamento “narrativo” determinati segni dell’intonaco e Picasso inseguiva e acquisiva le dilatazioni zoo-antropomorfe dell’inchiostro sulla carta assorbente. Avvalendosi di tale insegnamento il nostro artista ha riversato tonalità suggerite da un simile supporto per costruire un ambiente di leggerezza e di complicità compositiva.




Sestri Ponente nel cuore e nella memoria
Ricordi dal 1950

Per scrivere questo libro non abbiamo seguito un filo logico, ma abbiamo trattato tanti argomenti slegati l’uno dall’altro come: il cambiamento dei nostri quartieri, i negozi vicino a casa, i giochi e divertimenti, le scampagnate sulle vicine alture, le spiagge a pochi passi, la festa dei Patroni, i cinema di un tempo, i trogoli quasi tutti scomparsi e la strada delle “vasche”, com’e-rano cinquanta anni fa. Per rendere il volume più completo abbiamo utilizzato 195 fotografie, in parte personali e in parte donate da amici. In alcuni casi le immagini non sono abbastanza nitide e a volte usurate dal tempo, ma sono ugualmente significative per inquadrare i tempi di cui abbiamo voluto parlare. Sono molti gli spunti che possono accendere tanti ricordi ai nati negli anni’50 e curiosità ai più giovani. Il ricordo è qualcosa che arriva dal passato ma può essere un oggetto oppure un pensiero, una sensazione, un sapore, un odore, un suono, un luogo. Quello che rievoca questo libro ha a che fare con il nostro vissuto, la nostra missione, un coacervo di sensazioni che ci permettono di mantenere vivo il nostro legame con gli altri, con la nostra identità.




Chiesa di Chiavari da 130 anni Diocesi 1892-2022

Una ricostruzione della storia della comunità cristiana del Tigullio dalle origini ad oggi: ricostruzione sintetica, certo, ma che non tralascia mai di riportare i dati più significativi. Una descrizione della chiesa Cattedrale particolarmente articolata: illustrazione delle opere d’arte in essa custodite, spiegazione di quegli elementi che il visitatore rischia o di non vedere o di vedere senza coglierne appieno il senso, narrazione delle nascita e dello sviluppo della devozione a N. S. dell’Orto e dei miracoli attribuiti alla sua intercessione. Una breve presentazione degli altri Santuari mariani presenti in Diocesi, a cominciare da quello di N. S. di Montallegro. Una considerazione: visitando le comunità parrocchiali ho potuto constatare quanto sia profondamente radicata la devozione alla Vergine Madre, una devozione aliena da eccessi e cristologicamente orientata. Alcuni semplici e chiari approfondimenti delle verità della fede cattolica e la trattazione di alcune figure di Santi/e capaci di trasmettere insegnamenti preziosi anche agli uomini e alle donne del nostro tempo. Ho notato inoltre, con piacere, un accenno al cammino sinodale in corso nelle Diocesi di tutto il mondo e quindi anche nella nostra. Un’ampia cronotassi dei vescovi di Chiavari e i dati essenziali dei vescovi di origine chiavarese.

FRANCESCO BARATTA– E’ nato e risiede a Sestri Levante. E’ autore di libri e saggi pubblicati da: Internòs Edizioni, Fratelli Frilli Editori, Le Mani Edizioni, Il Geko Edizioni. On line libri di Francesco Baratta su: Unilibro, la Feltrinelli, Mondadori Store, Ibs.it, libreriauniversitaria.it. Già giornalista pubblicista, ha ricoperto molteplici incarichi in ambito diocesano: direttore del periodico “Il Villaggio del Ragazzo”; Direttore di Telepace; direttore di “Voci dal deserto, monasteri di Betlemme”; direttore editoriale di “SerraTigullio”. E’ stato Presidente regionale e consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana ed è membro dell’Accademia Cultori di Storia Locale.

PIERLUIGI PEZZI – Nato e residente con la moglie a Chiavari: una figlia e due nipotine. Laureato con tesi in filosofia della storia nel 1974, ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro nei trasporti, con la partecipazione a meeting internazionali in molti Paesi dell’Unione Europea; fino al 2016, a Roma in Autostrade. Nominato dal Vescovo di Chiavari, dal 2014 ha svolto il compito di Perito Storico nella Causa di Beatificazione del sacerdote Ferdinando Negri e, nel 2018, di portitore della relativa documentazione presso la Congregazione dei Santi in Roma. Studioso di storia locale, ha pubblicato: Mario Sbarbori, un Dono – 2002; Da San Quirico a san Bernardo (con F. Baratta) – 2014; Don Botto, un parroco e la sua chiesa (con F. Baratta) – 2016; San Pê de Canne (con Margherita Casaretto) – 2017; Don Gian – 2018; Non solo don Nando; Olga e Gigetto Negri (con F. Baratta) 2018; Chiavari per noi – 2020; L’arte culinaria nel Bel Paese; regole e tradizioni per monasteri e abbazie (con F. Baratta) – 2021; Agostino Dellepiane (con F. Baratta)- 2022; Da quel 2 luglio nell’orto … Incontri e miracoli (con F. Baratta)- 2022




Mal d’Irene

Cosa succede quando il destino suona alla porta e si materializza sotto forma di raccomandata, segnando lo spartiacque tra l’avventurosa e marginale vita artistica del prima e il luminoso futuro a cui andare incontro? Mal d’Irene è una parabola individuale sempre in equilibrio sulla sottile linea di confine che separa e che unisce la fantasia e la realtà, la verità e la sua rappresentazione. Che prende il teatro e il suo mondo a paradigma di una condizione sociale e umana sempre più dilagante nel nostro tempo.

 GIANLUCA MOTTA , vive a Genova e lavora nella comunicazione pubblicitaria come consulente, copywriter, storyteller e come una serie di altre cose che quando ha cominciato ancora non avevano un nome. Ha lavorato come giornalista, scritto e diretto spettacoli teatrali e partecipato come autore al Merano TV Festival con un Format TV che ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria. Con le sue poesie ha partecipato a numerose letture e manifestazioni culturali e ha organizzato cicli di spettacoli poetico-musicali. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Il Dente del Pregiudizio” e partecipato alla Fabbrica Globale dell’Antilibro, prima rassegna internazionale dell’editoria autoprodotta. Mal d’Irene è il suo primo romanzo. Forse un’autobiografia mancata.




Antoon van Dyck genovese

Durante la mostra su Van Dyck, tenutasi a Genova del 2018, è risultato evidente che lo studio dello sviluppo progettuale, pittorico e dell’utilizzo dei materiali, delle opere conservate nelle istituzioni culturali genovesi, non era mai stato affrontato. Per questo motivo si è proposto un progetto che, grazie all’applicazione le indagini scientifiche, portasse a conoscenza il modo di costruire e quali materiali usasse Van Dyck nelle sue opere, durante il soggiorno genovese. La ricerca si è svolta su un totale di sedici dipinti e ha avuto il merito di fare luce su come lavorasse il pittore durante il suo soggiorno a Genova, ma ha permesso, anche, di eseguire un confronto con il modus operandi della sua vista artistica. I risultati delle analisi sono stati presentati al convegno internazionale di Bruges, nel marzo del 2022, e riportati, tramite un ampio corpus di immagini e le tabelle esplicative, in questo testo.

MICHELA FASCE , l’autrice, laureata in Conservazione dei Beni Culturali, in Storia dell’Arte, in Diagnostica per i Beni Culturali e Specializzata in Storia dell’Arte, affronta da anni il tema dell’indagine diagnostica per comprendere, sia da un punto di vista scientifico sia da un punto di vista storico, lo sviluppo delle tecniche pittoriche e i materiali utilizzati. Grazie alla strumentazione scientifica, di cui si è dotata, ha avuto modo di creare un ampio data-base per confrontare i materiali utilizzati e comprendere come avveniva la progettazione dei dipinti. Questo è utile a comprendere non solo come operavano gli artisti, ma, in alcuni casi, anche se l’opera è autografa oppure no.




CABIRIA 202
Studi di cinema

Un omaggio a Michelangelo Antonioni nel 110° anno della sua nascita: non un omaggio qualunque, ma un’indagine approfondita dei suoi rapporti con altri intellettuali, Roland Barthes per primo, intorno alla realizzazione di Blow-up, al clima culturale dell’epoca, alla natura di immagine, di fotografia, di fotografia in movimento, di pittura, di punctum… Questo è ciò che trovate nel Laboratorio di questo fascicolo, che ha richiesto un tempo supplementare di ricerche, verifiche, correzioni e integrazioni e perciò arriva nelle vostre mani con cinque mesi di ritardo. Me ne scuso e me ne assumo tutta la responsabilità, salvo garantirvi che ciò è avvenuto per offrire come sempre un prodotto il più documentato possibile. Alle volte, per raggiungere la completezza a cui tendiamo, succede di aspettare fino all’ultimo che dei materiali d’archivio siano resi disponibili: passano giorni, settimane, mesi… e poi non arrivano. È il caso dello studio sull’esperienza giamaicana di Roberto Rossellini, argomento che non molti conoscono, su cui siamo comunque in grado di fornire una prima ricognizione ampia, precisa, fatta di contratti, arrivi e partenze, fusi orari, memorie personali del grande regista, dell’allora sua moglie Ingrid, del giornalista di «Epoca» che fu testimone oculare del fallimento di un’impresa impossibile (mettere assieme le regole hollywoodiane con il genio rosselliniano), ma proprio per questo quanto mai stimolante. Ci torneremo su. Inoltre: un memoriale di Mario Bernardo, cineasta militante oggi dimenticato, sulle sue esperienze in Cina per realizzare un documentario per conto di San Marino; una novella cinematografica di Marino Moretti (narratore crepuscolare anche lui dimenticato) sul grande Sto (ma anche contributi suoi); l’analisi dell’ultimo, sorprendente e inclassificabile lavoro di Aleksandr Sokurov Fairytale – Una fiaba.




Il trasporto urbano genovese in Val Bisagno
Corrado Bozzano Claudio Serra

Dopo la recente uscita di “Un secolo in corriera lungo la Statale 45”, ricerche approfondite, preziose ed inedite immagini, importanti documenti, costituiscono i motivi di realizzazione di questo nuovo volume sulla Val Bisagno. Sono trattati la storia dei servizi di trasporto pubblico tra il centro città e Staglieno, Molassana e Struppa: la strada di fondovalle fino a Prato, una volta definita “Nazionale”, percorsa nel tempo da diligenze, omnibus a trazione animale, vetture tranviarie ed autobus. Sono ricordate anche le diramazioni per le frazioni collinari esercite da autolinee. In appendice un capitolo sulla storia della ferrovia delle Gavette.

CORRADO BOZZANO è nato nel 1945 a Genova ove risiede. Fra i suoi interessi il settore dei trasporti ed in particolare quello automobilistico, nel cui ambito conduce da molti anni una ricerca tesa a ricostruire l’origine e l’evoluzione dei servizi nel comprensorio ligure.

CLAUDIO SERRA è nato a Genova nel 1966 dove abita e lavora. Da parecchio tempo si occupa di storia e ricerche sul trasporto pubblico e le vie di comunicazione con particolare riferimento a quelli della sua regione. Si dedica inoltre alla storia del costume italiano in ambito teatrale e cinematografico.




Prendiamo il Laviosa
Storia illustrata del trasporto pubblico tra Genova e Piacenza attraverso le valli Bisagno e Trebbia e ricordi di una ferrovia: la Piacenza- Bettola

Con questo terzo lavoro si aggiunge un altro importante tassello alla nostra opera di ricerca storica sul trasporto pubblico nel territorio ligure ed in particolare lungo le vie dell’oltregiogo che si dipartono da Genova. Nel 1999 iniziammo con la pubblicazione del volume “La freccia del Turchino” relativo alla storia delle vie di comunicazione e dei trasporti nella Valle Stura, seguito due anni più tardi dal libro “Da Genova alla valle del Po” relativamente alle valli Polcevera e Scrivia. Il presente volume tratta la storia dei trasporti attraverso le valli Bisagno e Trebbia lungo la strada statale 45 tra Genova e Piacenza e le sue diverse diramazioni. Il titolo. “Prendiamo il Laviosa” divenne per svariati anni un detto di uso comune per gli abitanti delle due vallate. In Italia ciò accadde anche per altri vettori tra cui SITA, SATI e Lazzi. Molti ricorderanno che nel genovesato ancora fino a non molti anni fa, si era soliti dire “Prendiamo il Lazzi”. Il ruolo della corriera, in origine null’altro che un autocarro adattato con carrozzerie artigianali al trasporto di persone, è stato per moltissimi anni di fondamentale importanza essendo l’unico mezzo “veloce” di comunicazione in territori non serviti da altri veicoli di trasporto pubblico. Oltre al trasporto di persone, la corriera assolveva quello della posta, della frutta e verdura per i mercati, dei giornali, dei medicinali. Un aspetto curioso, divenuto consuetudine da parte degli abituali passeggeri, era raccontare fatti e novità – a volte un po’ enfatizzate – di ciò che accadeva in città a famigliari ed amici rimasti al paese. L’arrivo della corriera scandiva le ore, tanto che spesso questa fungeva da orologio. Anche il conducente era un’entità che doveva essere in grado di fare di tutto: dal suo lavoro primario di guidatore, alla pulizia del veicolo, alla sua manutenzione e ad intrattenere i rapporti con le persone. Tutta la popolazione conosceva l’autista, così pure si conoscevano bene le abitudini reciproche. Senza dimenticare il bigliettario, il cui compito andava ben oltre la semplice vendita dei biglietti: la “coppia”, spesso fissa, costituiva infatti un sicuro riferimento per ogni necessità dei passeggeri ed anche dei residenti nelle varie località raggiunte lungo il percorso. Negli anni Trenta l’automobile, concepita alcuni decenni prima, iniziò ad avere una certa diffusione, per cui furono migliorate le condizioni delle strade e delle relative infrastrutture, con evidente giovamento anche per i servizi di autolinea, che conobbero (pur con il lungo periodo di difficoltà dovuto al secondo conflitto mondiale) una fase di continuo sviluppo fino alla fine degli anni Cinquanta. Il decennio successivo, infatti, portò lentamente verso la metà degli anni Sessanta al declino della corriera; l’automobile, a seguito del periodo di “benessere economico”, era diventata alla portata della famiglia italiana media. Le valli del Bisagno e del Trebbia, in quanto a strade ed altre vie di comunicazione, erano rimaste un po’ indietro. Le comunicazioni tra Genova e la Valle Scrivia, attraverso il passo dei Giovi, erano già state favorite con la costruzione delle due ferrovie (a partire dal 1854), dell’autocamionale (1935) e del suo raddoppio in autostrada “A7” (negli anni Sessanta); anche per la Valle Stura, già nel 1894 il primo treno tra Genova ed Acqui Terme aveva superato il passo del Turchino, e più recentemente, nel 1977, venne aperta l’autostrada “A26”. Le comunicazioni tra Genova e Piacenza hanno beneficiato invece soltanto di rettifiche – pur importanti e vantaggiose – alla viabilità della vecchia “Strada Statale 45”. Il miglioramento del tenore di vita e la più facile mobilità ha fatto mutare le abitudini. Una volta era consuetudine trascorrere l’estate in località vicine alla propria città, oggi si gira il mondo. In sostanza vogliamo dire che se una volta andare con il Laviosa da Genova a Piacenza poteva considerarsi una vera e propria avventura, oggi non lo è più nemmeno per andare dall’altra parte del globo. I tempi sono cambiati, ma crediamo che sia importante ed utile alla memoria ritornare a esplorare la storia dell’ultimo secolo che, se da una parte ci ha tecnologicamente migliorati, dall’altra ci ha un po’ fatto perdere il gusto delle piccole e belle cose.

 

CORRADO BOZZANO è nato nel 1945 a Genova ove risiede. Fra i suoi interessi il settore dei trasporti ed in particolare quello automobilistico, nel cui ambito conduce da molti anni una ricerca tesa a ricostruire l’origine e l’evoluzione dei servizi nel comprensorio ligure.

CLAUDIO SERRA è nato a Genova nel 1966 dove abita e lavora. Da parecchio tempo si occupa di storia e ricerche sul trasporto pubblico e le vie di comunicazione con particolare riferimento a quelli della sua regione. Si dedica inoltre alla storia del costume italiano in ambito teatrale e cinematografico.




Quello che mi resta

Queste parole si sono prese cura di me, nel tempo. Testimoniano trasformazioni e cambiamenti. Ho a lungo esitato, non solo a scriverle in questa forma, ma anche a condividerle, a raccontarle. Quando l’ho fatto, prima con l’amico che mi conosce bene e poi, piano, con chi ho appena incontrato, ho scoperto che può esserci profonda fratellanza di emozioni. Allora chissà che queste parole non possano prendersi cura anche di altri, oltre che di me. Rileggendole, timoroso dell’effetto che potranno fare, ho ritrovato spesso il dolore. Se mi lascio toccare, scopro però la gratitudine, anche per quel dolore, quell’inquietudine, senza la quale non avrei trovato quello che conta per me oggi, quello che mi resta.

 

FRANCESCO CRENNA ,da sempre alla ricerca, lungo gli strani percorsi che la Vita ha proposto, ormai ha perso di vista la meta e si gode il sentiero del momento, spesso in salita, impervio, sempre nuovo e sorprendente. Nel 2015 ha incontrato il volontariato in Hospice grazie all’Associazione Braccialetti Bianchi di Genova. Si occupa di accompagnamento empatico nella sofferenza, nella mattia e nel lutto. Ogni volta scopre la meraviglia delle trasformazioni che avvengono nelle persone ed in lui quando è possibile accogliere e non rifiutare, comprendere e non separare.




Un secolo in Corriera lungo la statale 45
Storia illustrata del trasporto pubblico extraurbano da Genova alle valli del Bisagno e del Trebbia

Un ritorno in Val Bisagno e Val Trebbia… A distanza di parecchi anni dalla pubblicazione del volume “Prendiamo il Laviosa”, scritto insieme all’amico Roberto Pastore, uscito nel 2004 e da tempo esaurito, abbiamo intrapreso tre lavori, diversi, ma su un tema di fondo comune, la Statale 45 e le sue tante diramazioni lungo le valli del Bisagno e del Trebbia:

– in questo primo volume, una approfondita ricostruzione del relativo trasporto pubblico extraurbano, dall’epoca delle diligenze ai giorni nostri

– con il secondo, di prossima uscita, analoga ricostruzione del trasporto urbano in Val Bisagno, dagli omnibus a trazione animale di fine ‘800 all’anno in corso

– con il terzo, la storia della strada carrozzabile Nazionale, poi divenuta Statale, fra Genova e Piacenza (e delle vie di comunicazione che da essa conducono ad altre vallate), dai primi tracciati percorribili solo da quadrupedi alle più recenti opere stradali che hanno facilitato le relazioni in quella lunga tratta priva di ferrovia.

In questa pubblicazione, anche se sono trattati i collegamenti fra Genova e Piacenza, ci siamo soffermati in particolare sui servizi nel territorio fra il capoluogo ligure e Bobbio, città che, con la sua Provincia, fino alla metà dell’Ottocento apparteneva alla Divisione di Genova, e che fin dal 1913 fu collegata al mare, finalmente con un servizio automobilistico stabile, grazie all’iniziativa di Alberto Laviosa. Nel testo, oltre a numerose immagini e “box” di approfondimento, sono sovente riportati gli orari dei collegamenti via via citati: sono i soli, infatti, a fornirci un’idea concreta dell’effettivo servizio svolto, nel corso degli anni, per cui – come vedremo – per molte linee di entroterra, potremo “quasi riconoscere” gli utenti in viaggio sugli automezzi e, in definitiva, comprendere meglio la realtà sociale delle tante località servite, nei diversi periodi storici. Una “Appendice”, infine, è dedicata ad Alberto Laviosa, uno dei primi pionieri del trasporto a motore su strada, che costituì e fu l’animatore della Auto Guidovie Italiane, la società che gestì per buona parte del Novecento, oltre a numerose altre autolinee, anche il trasporto pubblico fra Genova e Piacenza, lungo la Statale 45 e le sue tante diramazioni, ed attualmente, come Autoguidovie, serve con i suoi moderni automezzi un’ampia rete di collegamenti in Lombardia ed Emilia-Romagna.

 

CORRADO BOZZANO è nato nel 1945 a Genova ove risiede. Fra i suoi interessi il settore dei trasporti ed in particolare quello automobilistico, nel cui ambito conduce da molti anni una ricerca tesa a ricostruire l’origine e l’evoluzione dei servizi nel comprensorio ligure.

CLAUDIO SERRA è nato a Genova nel 1966 dove abita e lavora. Da parecchio tempo si occupa di storia e ricerche sul trasporto pubblico e le vie di comunicazione con particolare riferimento a quelli della sua regione. Si dedica inoltre alla storia del costume italiano in ambito teatrale e cinematografico.




Da quel 2 luglio nell’orto … Incontri e miracoli
Santuario della Madonna dell’Orto – Chiavari

Questo libretto è una semplice guida per conoscere ed apprezzare:
l’origine e la storia del santuario, dedicato alla Madonna del’Orto; cattedrale dal 1892 e dichiarato monumento nazionale nel 1941;
i miracoli nei quali si rinnova l’intercessione della Madonna che presenta al Suo Figlio Gesù le preghiere di chi la invoca, specie nei momenti di difficoltà.
Lo sguardo amorevole della Madonna, che sorregge la mano benedicente del Bambino Gesù, attrae chiavaresi e ospiti della città, specie nel giorno che rievoca la manifestazione del 2 luglio 1610.Davanti all’icona della Madonna dell’Orto, ogni anno, i bambini offrono i fiori in segno di festa e gli ammalati confidano nel Suo aiuto consolatore.
Francesco e Pierluigi, gli autori del libretto, accompagnano le belle immagini del santuario con un dialogo tra don Andrea Buffoli, canonico della cattedrale, e alcune ragazzine, non solo di Chiavari.Domande e risposte che hanno il sapore di una bella amicizia: quella sensazione che si può sperimentare, quando ci si mette davanti all’icona della Madonna dell’Orto, in preghiera, semplicemente, anche in silenzio per dire: Grazie!

FRANCESCO BARATTA– E’ nato e risiede a Sestri Levante. E’ autore di libri e saggi pubblicati da: Internòs Edizioni, Fratelli Frilli Editori, Le Mani Edizioni, Il Geko Edizioni. On line libri di Francesco Baratta su: Unilibro, la Feltrinelli, Mondadori Store, Ibs.it, libreriauniversitaria.it. Già giornalista pubblicista, ha ricoperto molteplici incarichi in ambito diocesano: direttore del periodico “Il Villaggio del Ragazzo”; Direttore di Telepace; direttore di “Voci dal deserto, monasteri di Betlemme”; direttore editoriale di “SerraTigullio”. E’ stato Presidente regionale e consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana ed è membro dell’Accademia Cultori di Storia Locale.

PIERLUIGI PEZZI – Nato e residente con la moglie a Chiavari: una figlia e due nipotine. Laureato con tesi in filosofia della storia nel 1974, ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro nei trasporti, con la partecipazione a meeting internazionali in molti Paesi dell’Unione Europea; fino al 2016, a Roma in Autostrade. Nominato dal Vescovo di Chiavari, dal 2014 ha svolto il compito di Perito Storico nella Causa di Beatificazione del sacerdote Ferdinando Negri e, nel 2018, di portitore della relativa documentazione presso la Congregazione dei Santi in Roma. Studioso di storia locale, ha pubblicato: Mario Sbarbori, un Dono – 2002; Da San Quirico a san Bernardo (con F. Baratta) – 2014; Don Botto, un parroco e la sua chiesa (con F. Baratta) – 2016; San Pê de Canne (con Margherita Casaretto) – 2017; Don Gian – 2018; Non solo don Nando; Olga e Gigetto Negri (con F. Baratta) 2018; Chiavari per noi – 2020; L’arte culinaria nel Bel Paese; regole e tradizioni per monasteri e abbazie (con F. Baratta) – 2021; Agostino Dellepiane (con F. Baratta) – 2022




Agostino Dellepiane Sacerdote
A Barbagelata dal 1951 al 1989

Un impegnativo lavoro di ricerca quello portato avanti dai nostri due studiosi di storia della Chiesa chiavarese: raccolta meticolosa di scritti e fotografie, ricostruzione puntuale della figura e dell’opera di don Agostino così come del contesto in cui si è svolta la sua vicenda biografica, sguardo attento ai testi che hanno alimentato la sua formazione teologica. Ne emerge la figura di un pastore secondo il cuore di Dio: ampi spazi dedicati alla preghiera (fedeltà alla Liturgia delle Ore, tempi prolungati di adorazione dinanzi al Ss.mo Sacramento); sobrietà, a volte ai limiti dell’indigenza; generosità; animo umile, gioioso e benevolente; costante aggiornamento teologico (quando sono stato a Barbagelata mi sono soffermato a lungo sui libri custoditi nella sua biblioteca: testi di grande valore formativo); obbedienza al vescovo, a volte – se non ho inteso male – assai faticosa; spirito di accoglienza; cura delle relazioni; accompagnamento spirituale di numerose persone, tra cui non pochi presbiteri; amore per il santo popolo fedele di Dio. Sono certo che coloro che leggeranno le pagine di questa pubblicazione ne trarranno grande beneficio spirituale nel senso che si accrescerà in loro il desiderio di accogliere sempre più pienamente «l’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5), e, con il proprio cuore dilatato da questo amore, mettere, con Gesù e come Gesù, la propria esistenza a servizio degli altri. E così, al pari di don Agostino, faremo esperienza di pienezza di vita.

FRANCESCO BARATTA– E’ nato e risiede a Sestri Levante. E’ autore di libri e saggi pubblicati da: Internòs Edizioni, Fratelli Frilli Editori, Le Mani Edizioni, Il Geko Edizioni. On line libri di Francesco Baratta su: Unilibro, la Feltrinelli, Mondadori Store, Ibs.it, libreriauniversitaria.it. Già giornalista pubblicista, ha ricoperto molteplici incarichi in ambito diocesano: direttore del periodico “Il Villaggio del Ragazzo”; Direttore di Telepace; direttore di “Voci dal deserto, monasteri di Betlemme”; direttore editoriale di “SerraTigullio”. E’ stato Presidente regionale e consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana ed è membro dell’Accademia Cultori di Storia Locale.

PIERLUIGI PEZZI – Nato e residente con la moglie a Chiavari: una figlia e due nipotine. Laureato con tesi in filosofia della storia nel 1974, ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro nei trasporti, con la partecipazione a meeting internazionali in molti Paesi dell’Unione Europea; fino al 2016, a Roma in Autostrade. Nominato dal Vescovo di Chiavari, dal 2014 ha svolto il compito di Perito Storico nella Causa di Beatificazione del sacerdote Ferdinando Negri e, nel 2018, di portitore della relativa documentazione presso la Congregazione dei Santi in Roma. Studioso di storia locale, ha pubblicato: Mario Sbarbori, un Dono – 2002; Da San Quirico a san Bernardo (con F. Baratta) – 2014; Don Botto, un parroco e la sua chiesa (con F. Baratta) – 2016; San Pê de Canne (con Margherita Casaretto) – 2017; Don Gian – 2018; Non solo don Nando; Olga e Gigetto Negri (con F. Baratta) – 2018; Chiavari per noi – 2020; L’arte culinaria nel Bel Paese; regole e tradizioni per monasteri e abbazie (con F. Baratta) – 2021




L’ultima stagione europea della moda
Storia del costume femminile 1480-1510

L’evoluzione dell’abbigliamento fra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento respira le nuove idee introdotte dal Rinascimento e accompagna i potenti del tempo attraverso un profondo cambiamento: si lasciava dietro di sé il gotico con le sue guglie svettanti e le figure allungate e si iniziava il cammino verso quello stile tondeggiante, che poi fiorì negli abiti maschili e femminili a partire dal primo quarto del XVI secolo. L’intreccio e la fusione di varie tendenze sembra essere stato il leit motif di quel particolare momento nella storia del costume, così come lo è stato nelle vicende politiche turbolente di quegli anni. L’assenza di una potenza in grado di dominare la politica, l’economia e, conseguentemente, la moda è stata una occasione particolare e rara per il mondo occidentale: si potrebbe definire l’ultima sfilata di una moda europea. Una moda che mostrava un riflesso tangibile degli intrecci politici ed economici fra le nazioni e – soprattutto in Italia – fra le famiglie ma non era dominata da una forza monolitica, come la Spagna intorno alla metà del Cinquecento. La seconda parte del volume è focalizzata sulla Repubblica di Genova, che proprio fra il Quattrocento e il Cinquecento è dilaniata al suo interno da lotte fra le fazioni e diventa oggetto del desiderio prima di Ludovico il Moro e poi di Luigi XII di Francia.

MARZIA CATALDI GALLO – è laureata in Lettere Moderne con specializzazione in Storia dell’Arte. Dal 1984 al 2008 ha lavorato come funzionario e poi come Soprintendente (2003-2006) alla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Liguria. Da anni si dedica a ricerche di storia dell’arte e nel settore dello studio dei tessuti antichi e della Storia del Costume, ha pubblicato numerosi testi, partecipato a convegni nazionali e internazionali, organizzato mostre in Italia e all’estero. Ha studiato in particolare i tessuti genovesi nelle loro diverse tipologie, da quelli serici (Arte e lusso della seta a Genova dal ‘500 al ‘700, Torino 2000) ai mezzari (I mezzari e la via del cotone, Genova 2007) al jeans (I teli della Passione e l’origine del jeans, Genova 2019) e i paramenti liguri (I tessuti della Fieschine, Genova 2012). Ha dedicato ricerche pluriennali ai parati della Sacrestia Pontificia (Il papa e le sue vesti da Paolo V a Giovanni Paolo II (1600-2000), Edizioni Musei Vaticani, Città del Vaticano 2016). Professore a contratto di Storia del Costume presso l’Università di Genova (DAMS – Imperia) dal 2005 al 2013.




PESTO & CO
Basilico & Portofino Lovers

Tante ricette e un solo protagonista; il pesto genovese per condire, guarnire e stuzzicare.

Dalla ricetta originale alle molteplici declinazioni della più famosa salsa della tradizione ligure.




VAL PENNAVAIRE GUIDA DI ARRAMPICATA SPORTIVA
Seconda Edizione

Seconda edizione dopo solo tre anni? sì, perché la val pennavaire è vasta ed è in continuo fermento. in questi ultimi tre anni si sono aggiunte ben 15 falesie, si sono aggiunti tanti chiodatori, con stili diversi e tantissimi nuovi tiri, dai più facili, agli impossibili, sfondando quindi il muro dei 2000 tiri in valle. questa seconda edizione prosegue ad esser fatta in maniera molto artigianale e ruspante: è “fatta in casa”, è genuina, è addirittura anche un po’ trash, è a km zero, è paesana, è una guida per tutti e di tutti. Ogni singolo euro ricavato dalla vendita della precedente guida e’ stato utilizzato per chiodare nuove cose e, soprattutto, fare manutenzione all’esistente (ma chi altro si sarebbe preso questa briga? abbiamo perso il conto dei moschettoni di sosta che in tutti questi anni abbiamo cambiato nelle varie falesie). e il ricavato della presente guida segue lo stesso destino!

ROC PENNAVAIRE è un’associazione di arrampicata sportiva dilettantistica (A.S.D.), fondata nel 2012 ed affiliata alla F.A.S.I. dal 2017, avente come finalità principale quella di promuovere la creazione e la valorizzazione di falesie nella Val Pennavaire per l’arrampicata sportiva in piena sicurezza, con un occhio di riguardo verso il rispetto e la protezione dell’ambiente naturale. In sostanza, l’Associazione si preoccupa di sostenere la creazione di nuove falesie, la manutenzione dell’esistente e la pulizia dei sentieri di accesso. Essendo priva di scopo di lucro, l’Associazione finanzia le attività suddette grazie al sostegno dei propri soci, nonché tramite i contributi volontari di simpatizzanti, sostenitori e di tutti coloro che amano questo sport e la Val Pennavaire, e naturalmente con i ricavi delle vendite della presente guida. Se volete associarvi o sostenere l’Associazione, o semplicemente conoscere le news ed effettuare segnalazioni, sul nostro sito trovate tutte le indicazioni utili. www.rocpennavaire.it rocpennavaire@gmail.com




Nodi & Kayak
E non solo Nuova edizione

“Questo perché nei nodi l’intersezione di due curve non è mai un punto astratto ma è il punto in cui scorre o gira o s’allaccia un capo di fune o cima o scotta o filo o spago o cordone, sopra o sotto o intorno se stesso o altro elemento consimile, come risultano dei gesti ben precisi di un gran numero di mestieri, dal marinaio al chirurgo, dal ciabattino all’acrobata, dall’alpinista alla sarta, dal pescatore all’impagliatore, dal macellaio al cestaio, dal fabbricante di tappeti all’accimatore di pianoforti, dal campeggiatore all’impagliatore di sedie, dal taglialegna alla merlettaia, dal rilegatore di libri al fabbricante di racchette, dal boia all’infilatore di collane…”. Ditelo coi nodi da Collezione di sabbia – Italo Calvino
Perché Calvino? Con i nodi?
Perché nell’elenco dei mestieri, si dimenticò di noi, navigatori silenziosi e leggeri, noi che navighiamo su sentieri mai uguali con i nostri kayak.
Ho solo cercato di porre rimedio a una sua (di Calvino) dimenticanza
36 nodi, 80 immagini, 9 video, alcuni suggerimenti … e non solo.

MASSIMO ROMAGNOLI – (Genova 1951) ha conseguito gli studi in ingegneria. Inizialmente impegnato nel segnalamento ferroviario con la simulazione di sistemi, si è poi dedicato all’insegnamento e alla formazione nel campo dell’acquisizione dati, della programmazione software, della robotica e della didattica. Le pubblicazioni più importanti sono relative a sistemi di conversione analogico-digitale e della programmazione orientata agli oggetti. Da oltre dieci anni si occupa di progettazione di siti web e implementazione di ambienti e-learning per la formazione on-line. Le sue passioni sono la montagna, la motocicletta, la fotografia e l’immancabile kayak. Con la stessa casa editrice ha pubblicato “Il prestalibro: Ti presto qualcosa e spezzo un simbolo che potrai usare come segnalibro per ricordarti”. Una sequenza di immagini che non vuole essere un album fotografico, ma un puzzle di colori e suggestioni, un compagno di viaggio per leggere e far leggere.




CABIRIA 201
Studi di cinema

A naso … Questa volta in «Cabiria» non c’è un Laboratorio, ma diverse Analisi che aspettavano da tempo di trovare una collocazione. Si tratta di saggi di grande spessore raccolti nel presente numero, anche senza un filo conduttore. Di Fellini ci siamo occupati abbondantemente nel recente passato, ma non potevo rinunciare al contributo – scritto direttamente in italiano – di Frank Burke, il maggior esperto felliniano in America, incentrato sul confronto tra il mondo onirico del regista e gli studi del grande psicoanalista James Hillman. Qui, forse per la prima volta, si sposta l’attenzione dal rapporto con Jung e Bernhard verso un altro approccio all’anima individuale e collettiva. E la dimensione del sogno ne è la chiave d’accesso. L’amico Vittorio Giacci si muove su un territorio non dissimile nell’affrontare un film di Giuseppe Tornatore, La corrispondenza, passato un po’ sottotono dalla critica e che si rivela, invece, incredibilmente ricco di rimandi spirituali, letterari, figurativi e cinematografici: un conte philosophique da riscoprire. Accogliamo, poi, il primo scritto per la nostra rivista di un giovane ricercatore, Steven Stergar, che cerca di fare chiarezza sull’apporto creativo di Pasolini al film di Bolognini La notte brava, all’interno di una collaborazione tra i due che è stata una palestra formativa per il poeta di Casarsa e l’occasione per un confronto con una realtà meno raffinata per il regista pistoiese (di cui ricorre quest’anno il centenario). Ed è alla triste attualità storica che ci richiama un altro conte philosophique uscito da poco in sala, Il naso o La cospirazione degli anticonformisti, ultimo impegno del maestro dell’animazione Andrej Chržanovskij, tratto dal racconto di Gogol’, e dall’opera di Šostakovič. Massimo Tria e Marco Bellano, esperti in tanti campi tra cui la lingua e la letteratura russe, il cinema d’animazione, la storia della Russia recente e passata, la musica classica e contemporanea, con i loro interventi ci aiutano ad addentarci ancor meglio in piccolo capolavoro.




CABIRIA 199 – 200
Studi di cinema

In occasione del centenario della nascita di Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922) anche noi aggiungiamo il nostro tassello – vogliamo credere non superfluo – alla già sterminata bibliografia sullo scrittore, che si sta incrementando in questi mesi. Per farlo siamo andati là dove è nata una delle opere più importanti di Pasolini, Il Vangelo secondo Matteo, ovvero alla Cittadella di Assisi; un ricchissimo archivio ci ha schiuso, grazie ai Volontari che ancora oggi vi operano, parte dei suoi tesori nascosti o dimenticati. Come scoprirà chi vorrà scorrere queste pagine, la partecipazione di Pasolini ai convegni organizzati ad Assisi, raccontata dal primo saggio del Laboratorio, è durata quasi un decennio, e ancora eventi e circostanze, solo parte dei quali si è rivelata alle nostre ricerche, aspettano di essere precisati da nuove scoperte. Intanto vi offriamo quanto abbiamo ripescato, insieme a un’intervista a Pasolini, inedita in Italia, introdotta da Roberto Chiesi; a una delle più belle recensioni di sempre a un’opera di Pasolini, quella di Romeo Giovannini a Poesia in forma di rosa; a un’intervista, anch’essa inedita, a Lucio Caruso, il Volontario della Cittadella che per primo conobbe e accompagnò Pasolini nelle fasi della realizzazione del film. Infine riproponiamo l’intervento che Dalmazio Mongillo scrisse per la rivista della Cittadella, «Rocca», in occasione della morte di don Giovanni Rossi (27 ottobre 1975); un ricordo che lo stesso Pasolini avrebbe dovuto scrivere, se la morte non lo avesse raggiunto a sua volta, pochi giorni dopo, nella notte tra il primo e il 2 novembre 1975. Ad accompagnare il tutto, sin dalla copertina, le foto, anch’esse ritrovate negli archivi di Assisi, del viaggio che Pasolini compì in Terrasanta nel 1963, in compagnia del biblista don Andrea Carraro, che don Giovanni scelse per affiancarlo nei suoi Sopraluoghi. segue nel Laboratorio un’appendice con dei saggi dedicati ad altre due opere di Pasolini, La ricotta (Francesca Angelucci) e Appunti per un’Orestiade africana (Maria Carla Cassarini, Andrea Perruccio). E dopo Analisi e Cineforum, nella consueta rubrica Groovy Movies Alberto Anile omaggia Pasolini attraverso le canzoni che gli hanno dedicato. Come ha scritto Virgilio Fantuzzi, «non si finirebbe mai di parlare di Pasolini».




FINALE MARINA
Reiseführer

Mit dem vorliegenden Führer lassen sich Finalmarina einfach mit Hilfe der nummerieten Karte entdecken. Die Texte erzählen von der spannenden Geschichte dieses schöne ligurischen Orte, verweit auf Wegen, an Palazzi und an vielen interessanten Details, die dem Betrachter sonst verschlossen bleiben würden. Die nummerierung auf der Karte entspricht den Fotos, die die Texte wunderschön begleiten.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) ist in der italienischen Stadt Genua geboren. In den achtziger Jahren beginnt er mit dem Klettersport und kommt dadurch immer öfter nach Finale, wohin er schließlich seinen Wohnort verlegt.Die Leidenschaft für die Berge und die Felsen führen ihn zunächst zur Höhlenforschung und später zum Klettern. Bald beginnt er Kletterrouten auszustatten und begeistert sich dabei besonders für das Gebiet in und um Finale.2007 veröffentlicht er im Verlag Le Mani Edizioni seinen ersten Kletterführer “Finale by Thomas”, eine Art “beruflicher” Lebenslauf seiner Kletterwege.Und nun ist es an der Zeit für seine elfte Veröffentlichung, einen Reiseführer, der sich ausführlich mit dem Borgo von Finale Marina beschäftigt.




FINALE MARINA
Guide touristique

Ce guide est un instrument précieux qui vous permettra de visiter Finalmarina de manière simple, en suivant un carte numérotée. Les textes racontent l’histoire de ce splendide bourg de Ligurie, en s’arrêtant sur les rues, immeubles et particularités qui pourraient passer inaperçus. La numération des cartes correspond à des photographies qui complètent les textes rendant ainsi la lecture plus agréable.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) naît en Italie, dans la ville de Gênes. Il commence à grimper et à fréquenter les Finalese dans les années quatre-vingts, puis s’y établit définitivement. La passion pour la montagne et la roche le font tout d’abord approcher la spéléologie et ensuite la grimpe. Il commence aussi à équiper des voies d’escalade spécialement dans la zone de Finale. En 2007 il publie, avec la maison d’édition Le Mani edizioni, son premier topo “Finale by Thomas”, une sorte de curriculum “professionnel” de ses voies d’escalade. Il travaille désormais sur sa onzième publication, un guide touristique qui traite en détail du village de Finale Marina.




FINALE MARINA
Tourist Guide

This guidebook is a precious tool, that gives you the chance to visit Finalmarina with ease, following a numbered map. The text recounts the history of this fantastic medieval Ligurian town, lingering over the streets, palazzi and details that would otherwise go unabserved.

The numbering of the maps correspond to the same number of photos that complete the text making it more enjoyable to read.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) was born in Italy, in the city of Genoa. He started climbing and making trips to the Finale area in the 1980s, where he later moved. His love of the mountains and rock brought him first to pot holing and then climbing. Within a short time he also started bolting climbing routes particularly in the Finale area. In 2007 he published, with the editors Le Mani Edizioni, his first guidebook to Finale entitled “Finale by Thomas”, a sort of professional CV of his climbing routes. And now it is the turn of his eleventh book to be published, a guidebook that describes in detail the walled medieval town, or “borgo”, of Finale Marina.

 




FINALE MARINA
Guida Turistica

Questa guida è un prezioso strumento che vi permetterà di visitare Finalmarina in maniera semplice, seguendo una mappa numerata. I testi raccontano la storia di questo splendido borgo, soffermandosi su vie, palazzi e particolari che altrimenti potrebbero passare inosservati. La numerazione delle mappe corrisponde ad altrettante fotografie che completano i testi rendendone la lettura più piacevole.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) nasce in Italia, nella città di Genova. Inizia ad arrampicare ed a frequentare il Finalese negli anni ottanta, dove poi si trasferisce definitivamente. La passione per la montagna e la roccia lo fanno avvicinare dapprima alla speleologia ed in seguito all’arrampicata. In breve inizia anche ad attrezzare itinerari di arrampicata specialmente nella zona del Finalese. Nel 2007 pubblica, con la casa editrice Le Mani edizioni, la sua prima guida “Finale by Thomas, una sorta di curriculum “professionale” delle sue vie di arrampicata. E’ ora la volta della sua undicesima pubblicazione, una guida turistica che tratta nel dettaglio il borgo di Finale Marina




Il libro del forno a legna

Perché mai un testo sul forno a legna tradizionale? Domanda pertinente. Ormai lo scaffale delle librerie dedicato ai volumi di cucina è senza dubbio uno dei più forniti e non mancano certo testi genericamente mirati al “forno”, qualunque sia la fonte di calore che lo riscaldi. Anche su internet si trovano interessanti siti di cucina e video ricette dove si può seguire passo a passo la preparazione dei cibi da infornare. Però, parlando con tante persone che possiedono il forno a legna, si nota che la maggior parte lo usa solo per la pizza, qualcuno, quasi sempre a livello locale, lo utilizza anche per cuocere focacce e farinate, solo pochissimi preparano un pranzo completo dall’antipasto al dolce.

E questo è un peccato per vari motivi. Se la pizza, con la cottura a legna, indipendentemente dalla qualità degli ingredienti, acquista molto in sapore, altrettanto succede per altre preparazioni, poiché la presenza del fuoco di legna nello stesso ambiente dove avviene la cottura conferisce ai cibi caratteristiche particolari e uniche.

MASSIMO BALLEARI– Genovese, medico veterinario, svolge la professione a Genova e a Recco, dove abita. Da oltre trent’anni si interessa delle cotture tradizionali a legna e in particolare dei forni a camera unica. Questa passione lo ha portato a viaggiare in Italia e all’estero alla ricerca di antichi manufatti e di moderne realtà nelle quali si usa ancora cucinare con il forno a legna. Come corollario a questa ricerca ha creato un orto di erbe aromatiche che usa per insaporire i suoi piatti.

GIUSEPPE TRAVERSO – Nato a Roma, dove si è laureato in filosofia con indirizzo etologico, da anni vive a Recco. Affascinato dalle antiche culture contadine, condivide con l’amico Massimo la passione per il forno a legna e le cucine etniche.

Insieme hanno scritto: Il forno a legna Ed. Sagep, 1999 Grigliate all’aperto e tutto l’anno Ed. Sagep, 2001 L’antica tradizione del forno a legna Ed. San Giorgio, 2004




Sedimenti minimi
Pensieri liberi e quasi versi

Il tempo leviga la realtà nella persona, si ricompone la sabbia dei ricordi. Le emozioni sono sedimenti di noi, ci identificano come segni, ci definiscono in opposizione al dominante materialismo delle apparenze. Forse siamo una clessidra, materia fragile e simbolo della dissolvenza, istantanea percezione d’essere: “steli di vita tra sassi e conchiglie”. Attraverso un pensiero poetico possiamo riallacciare, il dialogo con le voci che abbiamo incontrato, le vite che abbiamo attraversato. E poi, finalmente, superare la mediocrità del male. Possiamo sorridere della superficialità che oggi ci avvolge, liberando la luce unica dell’essenziale che siamo: “All’ombra di vinti felici, in una mano ti stringo, nel nulla che tengo e ancora ti sento.”

MARTA RIOTTI CALVI – nasce a Recco il 20 maggio del 1969, da circa vent’anni vive a Ruta di Camogli. A dicembre 2020 ha pubblicato la raccolta di racconti “La via dei platani porta al mare” in cui le misteriose vicende dei personaggi, prevalentemente femminili, sono ambientate tra Genova Recco e Camogli. L’autrice, molto legata all’ambiente e alla cultura ligure, attinge dalla realtà circostante l’energia per raccontare, a modo suo, le emozioni e le suggestioni interne di personaggi poetici protetti dalla memoria e dall’immaginazione. È membro onorario dell’Associazione “Poeti solo poeti poeti” della Città di Sarzana.




Dal 1889 Oltre 130 anni di Succursale dei Giovi

La linea ferroviaria Succursale dei Giovi, aperta al traffico il 15 aprile 1889 è il secondo valico, dopo quello “storico” del 1853, tra Genova, il suo porto, la valle del Po e oltre. La Linea Succursale dei Giovi, i cui lavori iniziarono nel 1879 e furono completati nel 1889, è il secondo valico, dopo quello “storico” del 1853, tra Genova e il suo porto e la Valle del Po. Completata con quattro anni di ritardo sul termine contrattuale originario, per le difficoltà di perforazione della grande galleria di Ronco a causa della pessima qualità geologica dei terreni incontrati, questa Grande Opera di fine ‘800, dai 16 milioni originariamente previsti, fece registrare un aumento dei costi fino ad oltre 79 milioni di lire dell’epoca. Le difficili condizioni di lavoro delle maestranze favorirono, tra l’altro, l’insorgenza di una epidemia di colera nel 1884, e di una successiva di vaiolo nel 1886, con necessità di creare un apposito lazzaretto presso la odierna stazione di Mignanego. Degne di nota ancora oggi le sue caratteristiche tecniche salienti: pendenza massima del 16‰, a fronte del 36‰ della Linea Storica dei Giovi; curve di più ampio raggio (max 600 metri); una galleria di valico lunga ben 8 km e 298 metri (con pendenza limitata all’11 per mille); una lunghezza di “soli” 24 km e 442 m tra Sampierdarena e Ronco Scrivia (culmine della linea a ml. 324 s.l.m.); numerosi ed arditi viadotti in muratura , il più imponente dei quali è quello di Campomorone sul Torrente Verde (a 20 arcate, alto oltre 56 m), uno dei maggiori esistenti di tale tipo e con una simile anzianità di servizio, non solo in Italia ma anche in Europa. Una Direttissima ante litteram, le cui ormai antiche, ciclopiche opere d’arte, veri monumenti ingegneristici viventi, testimonianze ecomuseali diffuse sul territorio, continuano a sfidare il tempo, affrontando il transito di una media complessiva di circa 500 treni, tra merci e passeggeri, alla settimana. In attesa del completamento del Terzo Valico dei Giovi, che ne assorbirà in massima parte il traffico, merci e viaggiatori a lunga percorrenza. Un viaggio nella memoria, ed un percorso storico, tecnico ed iconografico, dal 1889 ad oggi. Con una Appendice di contenuti aggiuntivi e documenti esclusivi provenienti dall’archivio del Mastodonte dei Giovi.




Vittorio Tollo Mazzola

La cultura della memoria riguarda numerosi artisti del secolo scorso che hanno inteso recuperare il senso della contemporaneità attraverso uno sguardo del passato da legarsi indissolubilmente, e magari inconsciamente, alla personale esistenza. D’altronde tutti noi dobbiamo fare i conti con quelle radici che hanno determinato non solo i lineamenti del nostro corpo ma soprattutto i “colori” dello spirito. Seguendo tale logica possiamo affermare che il percorso pittorico di Vittorio Tollo Mazzola si avvale di un’impronta visiva ed emozionale provocata da due forti impulsi: quello fornito dalla lunga frequentazione del territorio e del clima sudamericano e quello suggerito dalla stagione novecentesca di casa nostra. Con reciproche e altalenanti contaminazioni, come vedremo. A lui è toccata l’avventura di frequentare e di indagare il mondo incaico vivendolo da vicino, interrogandone le espressioni fissate per l’eternità non solo nei reperti museali ma anche negli sguardi della gente di Lima che ostenta la severa fierezza del mistero esistenziale. Poi è rimasto magari colpito dalle espressioni murali che hanno fornito un monumentale respiro non solo alle vicende narrate dai celebrati autori messicani ma da tutti coloro che intendevano fornire voce e spazio alla gente del popolo, al loro oscuro lavoro, al silenzio della sofferenza. Il nostro artista è quindi tornato in Italia nel 1960 portando con sé questo bagaglio di visioni e di suggestioni che ha trasferito in alcuni folgoranti dipinti concepiti sotto il cielo della Liguria, nell’ambito di quella Val Fontanabuona da cui erano partiti i suoi avi per tentare la fortuna nell’America del Sud.




CABIRIA 198
Studi di cinema

Mezzo secolo fa nasceva a Venezia il Cinit-Cineforum Italiano. La nuova associazione nazionale di cultura cinematografica era espressione della volontà di diverse decine di cinecircoli di proseguire un’attività già allora ultradecennale in piena libertà e autonomia. Fu un gruppo di intellettuali, capitanati da Camillo Bassotto, affiancato, fra gli altri, da Fiorenzo Viscidi, Francesco Dorigo, Alfonso Moscato e il giovane Carlo Montanaro, a elaborare il progetto culturale di promozione della cultura cinematografica fondato sul dibattito, il forum: è stato e può essere tuttora, anche nelle nuove forme assunte sui social e nella rete, un momento fondamentale per fornire allo spettatore gli strumenti per comprendere i segni e i messaggi e per sottrarsi ai condizionamenti esercitati da qualsiasi tipo di comunicazione di massa. I decenni trascorsi non hanno esaurito queste priorità, come testimonia l’impegno sul versante dell’introduzione al linguaggio delle immagini e alla lettura del film. Diverse le stagioni vissute dal Cinit: dagli anni ’80 l’associazione ha instaurato un rapporto preferenziale, grazie a Michele serra, Alfredo Casarosa, Fabrizio Alvaro e Olindo Brugnoli, con il mondo della scuola. Dalle soglie del 2000 si è puntato sull’organizzazione di eventi, come concorsi per recensori e corsi di formazione, che avvicinassero il Cinit ai giovani, ponendo a un tempo le premesse per l’ampliamento dei partecipanti e il ricambio generazionale. Poi si sono sviluppate nuove formule di coinvolgimento per i soci e il pubblico di appassionati anche con i social: Internet, Facebook, youtube. Il ritrovamento e il restauro di Chi è Dio?, la nuova veste editoriale di questa rivista, i rapporti instaurati con varie Università e con numerosi Enti o Istituzioni prestigiose sono momenti salienti di una politica culturale mirata al sostegno della qualità delle nostre proposte. Un doveroso ringraziamento va a tutti i “volontari” culturali, ai responsabili dei nostri cineforum e delle testate che con grande impegno e serietà hanno portato avanti e realizzato rassegne, eventi, pubblicazioni per le finalità tese alla «libertà di espressione e di opinione senza condizionamenti», segnando una qualificata presenza nel mondo della cultura nazionale. Adesso, nonostante le difficoltà, guardiamo con fiducia al domani per continuare la nostra opera di informazione e formazione per gli appassionati di cinema e di arte, per tutti i cittadini disponibili al coinvolgimento, affinché si possa comprendere meglio il nostro presente massmediale alla luce del passato e per lo sviluppo futuro della società.




Jeans before blue jeans

Qual’è l’origine dei blue – jeans? Da che cosa o da dove deriva il loro nome? Il libro vuole rispondere a queste domande e spiegare come e quando è nato il tessuto forse più noto nella storia degli ultimi decenni. Per rintracciarne il nome bisogna andare indietro di almeno quattro secoli: jeans è il nome usato dagli inglesi per definire il fustagno che da Genova arrivava nel porto di Londra. Si possono seguire le tracce del fustagno/jeans a Genova a partire dai Teli della Passione, conservati al Museo Diocesano. Si può poi proseguire e restare stupefatti di fronte alle numerose statuine di presepi genovesi del Sette e Ottocento vestite in jeans, le prime e uniche testimonianze rimaste dell’uso originale di quella stoffa, ancora ignara di essere destinata a conquistare il mondo.

MARZIA CATALDI GALLO – è laureata in Lettere Moderne con specializzazione in Storia dell’Arte. Dal 1984 al 2008 ha lavorato come funzionario e poi come Soprintendente (2003-2006) alla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Liguria. Da anni si dedica a ricerche di storia dell’arte e nel settore dello studio dei tessuti antichi e della Storia del Costume, ha pubblicato numerosi testi, partecipato a convegni nazionali e internazionali, organizzato mostre in Italia e all’estero. Ha studiato in particolare i tessuti genovesi nelle loro diverse tipologie, da quelli serici (Arte e lusso della seta a Genova dal ‘500 al ‘700, Torino 2000) ai mezzari (I mezzari e la via del cotone, Genova 2007) al jeans (I teli della Passione e l’origine del jeans, Genova 2019) e i paramenti liguri (I tessuti della Fieschine, Genova 2012). Ha dedicato ricerche pluriennali ai parati della Sacrestia Pontificia (Il papa e le sue vesti da Paolo V a Giovanni Paolo II (1600-2000), Edizioni Musei Vaticani, Città del Vaticano 2016). Professore a contratto di Storia del Costume presso l’Università di Genova (DAMS – Imperia) dal 2005 al 2013.




Suona Colora Crea

Suona Colora Crea nasce come libro basato su un approccio didattico esplorativo e di scoperta. Le storie in esso contenute permettono di sperimentare da subito tutte le sfumature interpretative musicali. La riproduzione delle note alla fine di ciascuna storia è completamente libera e non è da intendersi come suono singolo. La storia può prendere vita imitando sullo strumento musicale ciò che si legge e la libertà di tradurre in musica una scena letta consente di ottenere la scioltezza necessaria per far emergere il proprio suono dallo strumento musicale ed evita inoltre la staticità che impone l’apprendimento nota per nota. Non vi resta che voltare pagina e scoprire di che musica siete fatti.

RICCARDO VENTULLO – classe 1990, inizia il suo percorso musicale da bambino in una piccola orchestra di flauti e scopre in seguito il pianoforte, strumento di cui s’innamora subito. Una volta concluso il liceo si dedica completamente allo studio del pianoforte e al tempo stesso frequenta corsi di didattica in conservatorio per poter insegnare. Dopo anni di collaborazione con scuole musicali, fonda la sua scuola di pianoforte “Vadopiano”.




L’arte culinaria nel Bel Paese
Regole e tradizioni di Conventi e Abbazie

Dietro ogni ricetta c’è una storia spesso secolare, come Baratta e Pezzi ci insegnano, consegnandoci un libro che ha il dono della chiarezza e della semplicità, ma che pone a fuoco con intelligente profondità la complessità di questa materia, senza mai banalizzarla. Passando in rassegna le varie cucine regionali, la loro memoria ancestrale, il valore culturale che si associa a ogni piatto, noi recuperiamo il valore della nostra identità e potremo assaporare, ancora meglio, il senso autentico del nostro essere, anche oggi, comunità.

FRANCESCO BARATTA– E’ nato e risiede a Sestri Levante. E’ autore di libri e saggi pubblicati da: Internòs Edizioni, Fratelli Frilli Editori, Le Mani Edizioni, Il Geko Edizioni. On line libri di Francesco Baratta su: Unilibro, la Feltrinelli, Mondadori Store, Ibs.it, libreriauniversitaria.it. Già giornalista pubblicista, ha ricoperto molteplici incarichi in ambito diocesano: direttore del periodico “Il Villaggio del Ragazzo”; Direttore di Telepace; direttore di “Voci dal deserto, monasteri di Betlemme”; direttore editoriale di “SerraTigullio”. E’ stato Presidente regionale e consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana ed è membro dell’Accademia Cultori di Storia Locale.

PIERLUIGI PEZZI – Nato e residente con la moglie a Chiavari: una figlia e due nipotine. Laureato con tesi in filosofia della storia nel 1974, ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro nei trasporti, con la partecipazione a meeting internazionali in molti Paesi dell’Unione Europea; fino al 2016, a Roma in Autostrade. Nominato dal Vescovo di Chiavari, dal 2014 ha svolto il compito di Perito Storico nella Causa di Beatificazione del sacerdote Ferdinando Negri e, nel 2018, di portitore della relativa documentazione presso la Congregazione dei Santi in Roma. Studioso di storia locale, ha pubblicato: Mario Sbarbori, un Dono – 2002; Da San Quirico a san Bernardo (con F. Baratta) – 2014; Don Botto, un parroco e la sua chiesa (con F. Baratta) – 2016; San Pê de Canne (con Margherita Casaretto) – 2017; Don Gian – 2018; Non solo don Nando; Olga e Gigetto Negri (con F. Baratta) 2018; Chiavari per noi (2020)




Alfredo Bastogi
Sacerdote di famiglia in famiglia

“Quando ci si chiama fra noi uomini, la chiamata è chiarissima … Quando chiama Dio, la cosa è diversa; niente di scritto o di forte o di evidentissimo: un sussurro lieve, un sottovoce,  un pianissimo che sfiora l’anima”.

Queste parole del Venerabile Albino Luciani – Giovanni Paolo I – paiono davvero adatte per tratteggiare il volto di Don Alfredo; lo chiameremo così, come facevamo comunemente e così lui gradiva, in tono di amichevole deferenza. Un prete che ha lasciato una traccia indelebile in quanti lo hanno frequentato o avvicinato: stima generale, grata ammirazione e benevolenza, a volte accompagnate da episodi semplici che, letti nell’ottica del sensus fidei, assumono grande valenza. La diligenza negli incarichi sacerdotali, il tatto e la discrezione nei rapporti umani, i saggi consigli rendevano don Alfredo un riferimento per molti: interlocutore affidabile cui esporre problemi, quesiti, ansie e dolori; uomo in grado di vivere con la gente; capace di comunicare, grazie alla preparazione culturale e profonda spiritualità illuminata dal suo orbitare intorno all’Eucaristia, per lui veramente centro e culmine della vita di ogni battezzato. Visione della vita e quotidianità camminano insieme: la prima determina la forma e gli effetti della seconda; è davvero attuale e doveroso custodire e condividere la memoria di persone senza le quali il volto della nostra terra sarebbe stato più povero.

FRANCESCO BARATTA– E’ nato e risiede a Sestri Levante. E’ autore di libri e saggi pubblicati da: Internòs Edizioni, Fratelli Frilli Editori, Le Mani Edizioni, Il Geko Edizioni. On line libri di Francesco Baratta su: Unilibro, la Feltrinelli, Mondadori Store, Ibs.it, libreriauniversitaria.it. Già giornalista pubblicista, ha ricoperto molteplici incarichi in ambito diocesano: direttore del periodico “Il Villaggio del Ragazzo”; Direttore di Telepace; direttore di “Voci dal deserto, monasteri di Betlemme”; direttore editoriale di “SerraTigullio”. E’ stato Presidente regionale e consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana ed è membro dell’Accademia Cultori di Storia Locale.

PIERLUIGI PEZZI – Nato e residente con la moglie a Chiavari: una figlia e due nipotine. Laureato con tesi in filosofia della storia nel 1974, ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro nei trasporti, con la partecipazione a meeting internazionali in molti Paesi dell’Unione Europea; fino al 2016, a Roma in Autostrade. Nominato dal Vescovo di Chiavari, dal 2014 ha svolto il compito di Perito Storico nella Causa di Beatificazione del sacerdote Ferdinando Negri e, nel 2018, di portitore della relativa documentazione presso la Congregazione dei Santi in Roma. Studioso di storia locale, ha pubblicato: Mario Sbarbori, un Dono – 2002; Da San Quirico a san Bernardo (con F. Baratta) – 2014; Don Botto, un parroco e la sua chiesa (con F. Baratta) – 2016; San Pê de Canne (con Margherita Casaretto) – 2017; Don Gian – 2018; Non solo don Nando; Olga e Gigetto Negri (con F. Baratta) 2018; Chiavari per noi (2020); L’arte culinaria nel Bel Paese; regole e tradizioni per monasteri e abbazie (con F. Baratta) – 2021




Recco DNA sportivo

Dati ufficiali non ne esistono e difficilmente sarebbe possibile ottenerne. Tuttavia è molto più che probabile ipotizzare che, se venisse stilata una classifica nazionale dei successi sportivi ottenuti dai Comuni al di sotto dei 10.000 abitanti, Recco ne sarebbe capofila. Se poi si provasse a fare una proporzione tra il numero di residenti e la cifra di vittorie conquistate, questo piccolo lembo di Liguria rischierebbe seriamente di conquistare il primato assoluto, sbaragliando senza troppi problemi la concorrenza non solo delle più grandi metropoli dello Stivale ma anche di molte realtà continentali se non addirittura mondiali. D’altronde se c’è una costante che ha accompagnato la storia recchelina dagli albori del ’900 ad oggi è proprio la capacità delle sue genti di farsi valere in ambito sportivo. Una vocazione innata, insita probabilmente del DNA di un paese che pur trasformandosi suo malgrado da antico borgo marinaro a moderna cittadina non ha smesso di recitare il ruolo di capitale sportiva. Nella pallanuoto, ovviamente, ma non solo. In quasi 120 anni Recco ha saputo essere protagonista nelle più svariate discipline. Dalla vela alle arti marziali, passando per rugby, atletica, motori, ginnastica, bocce, biliardo, surf, calciobalilla. Scorrendo a ritroso le pagine della storia recchelina si ha l’impressione che tutto ciò che è possibile declinare in termini sportivi in riva al Golfo Paradiso riesca prima o poi a far rima con vittoria. Merito della perseveranza e del talento di schiere di campioni ai quali Recco ha fatto da mamma, naturale o putativa poco importa. Ma dal 1908, anno della fondazione della Società Nautica Recco, la prima realtà sportiva del paese, questa verde conca stretta tra le vette dell’Appennino e le acque del Mar Ligure ha fatto da scenario anche a grandi eventi ludici. Manifestazioni il cui ricordo è il più delle volte riposto da tempo in un angolo di una memoria corale che fatica a riportarlo alla luce e che soltanto una foto ingialliata o un vecchio ritaglio di giornale riesumato dal fondo di un cassetto polveroso riescono a rendere concreto. Dalla volontà di non disperdere questo patrimonio collettivo nasce questo volume, diviso in capitoli organizzati in ordine cronologico, partendo dalla prima società che diede il via alla disciplina in questione. Un libro pensato e creato per portare a conoscenza del lettore il percorso storico, culturale, sociale ed umano delle associazioni e dei personaggi che da oltre un secolo danno sostanza ai sogni di un’intera comunità. Vicende di vite comuni, capaci di riempire d’orgoglio i propri concittadini. Storie di eroi semplici, mirabili realizzatori di imprese al di fuori dell’ordinario. Classici campioni della porta accanto, spesso sconosciuti al grande pubblico eppure in grado di lasciare un’impronta indelebile del proprio passaggio. A loro, attraverso una carrellata inevitabilmente non priva di errori e lacune, è dedicata questa opera. Un’opera collettiva,creata e raccontata dagli stessi personaggi che la popolano.

MARCO TRIPODI – Nato formalmente a Genova nel 1979, ha passato i primi 29 anni della sua vita a Recco. Qui ha mosso i primi passi come giornalista, scrivendo di pallanuoto, calcio e rugby. Dal 2005 ha iniziato una decennale collaborazione con il Corriere Mercantile, divenendone corrispondente per cronaca e politica prima a Recco poi a Lavagna e Chiavari. Nel 2014 è tornato ad occuparsi di sport per radio, tv e siti internet di portata nazionale. Attualmente è responsabile comunicazione del Bogliasco pallanuoto e corrispondente locale di Radio Sportiva.

ANDREA REVELLO – Originario di San Rocco di Camogli, è nato nel 1959 a Recco, dove risiede dall’età di 6 anni. Lavora nel settore editoriale da oltre 25 anni. Appassionato collezionista di pubblicazioni e documenti che riguardano la storia di Recco e del comprensorio, ha lavorato diversi anni a Il Golfo e ha collaborato a Il Nuovo Levante. Con Beppe Rosasco ha pubblicato per nove anni EccoRecco ed è attualmente editore di Levantenews.it. Il suo Studio Helix ha prodotto decine di libri per i tipi della milanese Libreria dello Sport e di diversi editori locali.




In memoriam
Recco 10 novembre 1943

Il 20 luglio 1996 a Camogli venne organizzata una mostra Rilievi aerei e strategici della RAF effettuati sulla Liguria durante l’ultimo conflitto mondiale. Si trattava di una mostra di 19 foto aeree riprese nella riviera di Levante e 30 su Genova. La mostra era orga­nizzata sulla base di ricerche a cura della Ligurian Heritage Foundation (Ente non profit di ricerca e recupero di memorie storiche sociali ed economiche al­l’estero di liguri e della Liguria). Ricorrendo nel 2020 il 77° anniversario del primo bombardamento avvenuto su Recco durante la notte del 10 novembre 1943, si è sentita l’opportunità di rivedere il materiale fotografico e il contenuto della ricerca archivi­stica effettuata a Londra per la mostra tenuta nel marzo del 1999 nella sala consiliare del Comune di Recco Il bersaglio è chiaramente identificato… Recco. Rilievi foto­grafici aerei RAF e USAF della costa ligure Riviera di levante 1943-1944. L’interesse manifestato fu ampio e di essa si interes­sarono, oltre al pubblico, i media e particolarmente ri­cercatori della storia del territorio. Le foto scattate per scegliere obiettivi o per verificare gli effetti dei bombar­damenti sono oggi documenti di analisi e di lettura del nostro territorio quando, nonostante i tristi tempi di guerra, era in condizioni assai meno compromesse da trasformazioni e speculazioni edilizie, che hanno alterato irreversibilmente la geomorfologia del territorio. Ricorrendo il 77° anniversario del bombardamento, un arco di tempo generazionale, con questa nuova edi­zione si intende passare il testimone alle generazioni future.

Somo stati evidenziati alcuni aspetti storici che di­mostrano come i servizi segreti tentarono, durante i primi anni del conflitto, di demolire il sistema dei ponti ferroviari con operazioni di sabotaggio, che non ebbero i risultati attesi per l’inaffidabilità dei collaboratori sul territorio. Si è cercato altresì di dare una motivazione storica al­l’accanimento dei bombardamenti nel 1944, in particolare su Recco, nel contesto della operazione de­nominata Anvil. Per completezza di analisi storica si è inserita la storia del ponte. Sono state altresì introdotte alcune nuove testimonianze orali dell’im­mane tragedia. Infine, per riafermare la volontà di ricostruzione non solo fisica di Recco, si è costruito un primo repertorio bibliografico della storia di Recco. Recco, come Monte Cassino, Coventry e Dresda, ha conosciuto uno degli aspetti più terrificanti delle intol­leranze umane: la distruzione, emblema sacrificale al pari delle deportazioni e delle uccisioni di massa, di cui la storia del secolo passato ha dato ampia dimostrazione. Le prime immagini che accompagnano la lettura di questo testo esprimono, come nelle composizioni dei quadri di Antonio Giuseppe Santagata, ora nella sala consilira del Comune, tutta la solitudine e il nulla di un paese solo maceria, che cercava di sopravvivere.




Intrecci di parole

Intrecci di parole vuole esprimere, con il disegno di copertina composto da lettere dell’alfabeto assemblate a vocali e consonanti in un certo ordine, come si formano le parole. Attraverso di esse noi trasmettiamo pensieri e sentimenti ed esprimiamo ciò che vediamo nella realtà oppure immaginiamo con la fantasia. Il libro si snoda nel corso di un anno dove il giornalista Luigi Onda incontra amici, origlia confidenze in un caffè, vuol conoscere la storia di un’amica persa nel tempo, intervista un climatologo e per la prima volta si innamora seriamente.

MAURO MARICINO è nato il 28 gennaio 1937 a Genova, dove attualmente vive. Perito Industriale Meccanico ha frequentato la facoltà di Scienze Politiche ma non si è laureato. Affascinato dalla letteratura, dalla storia, dalla politica, dal progresso e dalla libertà è riuscito a conciliare l’attività lavorativa di esperto di progettazione meccanica e di strutture con la collaborazione attiva a riviste, pubblicazioni tecniche, aziendali, sindacali e politiche. Come opinionista ha scritto, per dieci anni, sui giornali: «Corriere di Sestri Ponente» (Genova) «L’Eco di Levanto» (La Spezia) Per il Geko Edizioni ha pubblicato: Riflessioni Semplici e Racconti Minimi, 2015 Un pezzetto di vita, 2016.




Voci dal Nido

Questo libro, nella sua semplicità, può essere utile a genitori, nonni e operatori per l’Infanzia. Rispecchia il lavoro svolto all’interno del nido dando “Voce” ai bimbi, i veri protagonisti.

DOMENICA BERARDI (Mimma) è una donna, moglie, madre, nonna, Vigilatrice d’Infanzia ed Educatrice. Quinta di cinque figli, nata a Ruvo di Puglia (BA) il 4 agosto 1960. A soli 20 anni si diploma come Vigilatrice d’Infanzia, presso l’Istituto G. Gaslini (GE) dove lavora per venticinque anni. Nel 2007 collabora per l’apertura del Nido d’Infanzia “Il Giardino dei Girasoli” in Recco (GE) e vi lavora come Educatrice fino al 2016. Oggi svolge il “ruolo” di nonna di tre meravigliosi nipoti.




Ribelli
Un millennio di lotte raccontato in 101 capitoli

La storia dell’Occidente europeo è costellata di ribellioni e ribelli che hanno modificato, o tentato di modificare l’assetto dei poteri religiosi, politici, economici che ci hanno oppresso durante il millennio appena trascorso, e che ancora ci opprimono. In questo libro Marco Sommariva narra le vicende, e le valenze filosofiche, utopiche, politiche di un centinaio di ribelli che hanno squarciato il buio del potere. Potere che è stato spesso costretto, da loro, a modificarsi, ad allentare la sua morsa, cedere spazi fisici e psichici.

Con Marco Sommariva condivido gli ideali libertari e le narrazioni di ribelli, eretici e sconfitti ma non vinti. Marco è un raccontatore di storie su chi non resta indifferente, ed è un ottimo motivo per leggere questo suo libro.- Pino Cacucci

MARCO SOMMARIVA (Genova, 1963) premiato da Alessandro Baricco nel 2001 come vincitore del Concorso letterario ideato dalla libreria online bol.com Arnoldo Mondadori Editore, ha pubblicato i romanzi Il cristallo di quarzo (1999), Vorompatra (2003), Fischia il vento (2005), Il venditore di pianeti (2006), Lottavo romanzo (2013), L’osteria dei soprannomi (2014) e L’uomo degli incarichi (2019); i saggi Ribelli 1000-2000, un lungo millennio (2002), Lula (2003), Pillole situazioniste (2005), Written in the U.S.A. (2016), Italian graffiti (2017), Indispensabile (2019), Sbirri! (2019) e CoviDiario (2020); il pamphlet Appropriazione indebita (2020); i fumetti Ventotene, storie di confinati (2007) ed Esci dal guscio! (2019).




Nodi & Kayak

Scrivendo queste pagine, accompagnate da fotografie, illustrazioni e collegamenti ai video, vorrei spiegare come eseguire alcuni nodi e suggerire in quale ambito utilizzarli per chi pratica Kayak da mare, ma non solo. Ho anche l’ambizione di farlo in modo didatticamente efficace che consenta di studiare i nodi con tecniche, analogie e associazioni per ricordarli. La sequenza con cui presento e spiego i nodi ha l’obiettivo di fornire ogni volta conoscenze propedeutiche per le successive applicazioni, partendo dai nodi più semplici tramite i quali fare quelli più complessi. Tento anche di raggrupparli all’interno della tipologia in cui solitamente sono classificati, tenendo però presente le diverse classificazioni esistenti in relazione all’ambito applicativo. I nodi possibili sono in numero elevato, sovente indicati con nomi differenti, classificati diversamente e per ognuno esistono varianti nella preparazione; altrettanto numerosi sono i testi specifici sull’argomento. Pertanto questa guida non vuole e certamente non può essere esaustiva. La sua finalità è selezionare un elenco di nodi per chi pratica lo sport del kayak, nodi funzionali, efficaci e facili da sciogliere, senza trascurarne la semplicità di esecuzione. Ogni persona conosce alcuni nodi, ma se non vengono praticati regolarmente non sono facili da memorizzare, mentre in certe circostanze sono alleati essenziali, talvolta indispensabili. Spero queste pagine possano essere utili in tale senso, per imparare qualche nuova forma, inquadrare la tipologia di un nodo e memorizzare la tecnica acquisita. Un percorso “leggero”, attraverso 34 nodi, 65 immagini fotografiche, 9 video e numerose tecniche e suggerimenti dedicati al kayak da mare. Una leggerezza, come scrive Italo Calvino, associata alla precisione e alla determinazione, entrambe necessarie per completare un progetto impegnativo anche da un punto di vista grafico e fotografico.

MASSIMO ROMAGNOLI – (Genova 1951) ha conseguito gli studi in ingegneria. Inizialmente impegnato nel segnalamento ferroviario con la simulazione di sistemi, si è poi dedicato all’insegnamento e alla formazione nel campo dell’acquisizione dati, della programmazione software, della robotica e della didattica. Le pubblicazioni più importanti sono relative a sistemi di conversione analogico-digitale e della programmazione orientata agli oggetti. Da oltre dieci anni si occupa di progettazione di siti web e implementazione di ambienti e-learning per la formazione on-line. Le sue passioni sono la montagna, la motocicletta, la fotografia e l’immancabile kayak. Con la stessa casa editrice ha pubblicato “Il prestalibro: Ti presto qualcosa e spezzo un simbolo che potrai usare come segnalibro per ricordarti”. Una sequenza di immagini che non vuole essere un album fotografico, ma un puzzle di colori e suggestioni, un compagno di viaggio per leggere e far leggere.




Genova dalla finestra

Flaminia è una donna di mezza età che si ritrova a vivere, suo malgrado, chiusa in casa come tanti italiani per colpa della pandemia, e, pue nello scoraggiamento dovuto all’aver contratto il tanto temuto virus, racconta con ilarità e riflessioni personali e autoironiche la sua quotidianità, i figli, la famiglia e l’amore. Il suo punto d’osservazione suggestivo è una metaforica finestra che si apre nel cassetto dei ricordi sulla sua città: Genova la Superba, che però viene tratteggiata in maniera originale attraverso racconti, poesie ed immagini.

Flaminia Tagliasacchi Bisso, classe 1975, nata e cresciuta a Recco (GE), vive in collina ad Avegno con i suoi due figli ed il compagno. Tifosissima della mitica Pro Recco pallanuoto, ama il ciclismo, il vino e la buona cucina. Laureata in giurisprudenza all’università di Genova, lavora con passione nel ristorante di famiglia; è Sommelier professionista AIS, Donna del Vino della Liguria e vicepresidente del Consorzio Recco Gastronomica. Il suo amore per i libri nasce sin da bambina e la porta ad apprezzare in particolar modo i grandi autori italiani del 900 che influenzeranno la sua scrittura.




Lo Zio d’America

Come nel testo “L’eredità culinaria del mio angelo”, Francesca usa il cognome Massone per proclamare un membro della famiglia, Amedeo Massone, zio paterno di mamma Pierina, che nel 1924 ha avuto il coraggio e la tenacia di cambiare vita e di spingersi dall’altra parte del mondo, con un viaggio di sola andata da Uscio a New York. Francesca ha riportato, romanzandole, le parole dello zio, registrate in un’intervista del 1982 da papà Franco durante una vacanza a Uscio, supportato da un registratore mangiacassette e una musicassetta, cimeli ai giorni nostri, arricchite dai suoi ricordi e di quella della famiglia di Amedeo. Amedeo, in dialetto genovese, racconta del suo vivere a Uscio da bambino e ragazzo, del suo viaggio e della nuova vita in America, dove si è radicato dopo diverse peripezie e ha dato vita a una grande famiglia. Oltre ad essere il racconto di una storia vera di vita, quella di Amedeo è la testimonianza per le generazioni presenti e future di una tendenza storica, quella  dell’emigrazione, che ha caratterizzato il Novecento italiano, di chi lasciava un’Italia impoverita dalla Prima Guerra mondiale sperando di star meglio nel Nuovo Mondo.

FRANCESCA CEFEO (18 ottobre 1977) ha vissuto i primi 27 anni di vita a Uscio (Genova) da cui partì lo zio d’America, per poi trasferirsi a Recco dove vive tuttora con il marito Marco e i loro bimbi Mattia e Manuel. Laureata con il massimo dei voti in Economia Marittima e dei Trasporti, Francesca è impiegata in banca ma ha sempre coltivato una passione per la lettura e la scrittura, con diverse pubblicazioni prevalentemente a tema calcistico, alcune apparizioni televisive quale opinionista sportiva e il libro di successo “L’eredità culinaria del mio angelo – vademecum della sopravvivenza ai tempi del Coronavirus” del 2020.




CABIRIA 196 – 197
Studi di cinema

Fellini l’africano «che cosa ci sta preparando Fellini?» chiede un missionario italiano all’editore Fausto Di salvo recatosi in Angola per ritrovare il cognato scomparso. si tratta, come avrete capito, di una scena di Riusciranno i nostri eroi… (1968), di Ettore scola. E Alberto sordi, con prevedibile cinismo, risponde: «Ma chi è?», riferito non tanto a Fellini quanto all’inopportuno anziano padre che lo distoglie dall’osservare la novizia nera da poco convertita mentre sta servendo il pranzo nella missione. non solo scola ha voluto omaggiare con una battuta l’amico Federico, ma ha anche evidenziato ciò che Fellini stava diventando in quegli anni: bandiera di italianità, emblema di arte cinematografica nel mondo, interlocutore privilegiato del mondo cattolico. Mi fa pensare a carlo carretto, piccolo fratello di charles de Foucault, che arrivò nella missione di El Albiod, nel deserto algerino, portando con sé, in valigia, le fotobuste di La strada… Ma Fellini e l’Africa sono anche al centro della ricognizione che Roberto chiesi, responsabile del centro studi pasolini di Bologna, ha realizzato per noi a proposito di un viaggio fatto in Libia, nel 1942, dal futuro regista e allora sceneggiatore, per rivedere – e forse in parte dirigere – un film di propaganda e d’avventura con la coppia Valenti-Ferida rimasto poi incompiuto. La vera avventura fu quella di Fellini e della troupe, costretti a scappare fortunosamente all’arrivo degli inglesi, come leggerete. In Libia aveva fatto la guerra come ufficiale medico anche Mario Tobino, lo psichiatra-scrittore con cui Fellini strinse un’amicizia in vista della trasposizione sullo schermo, poi accantonata, delle Libere donne di Magliano, il racconto delle esperienze di Tobino nel reparto femminile del manicomio di Lucca. su quell’avvicinamento, di cui finora poco si sapeva, troverete una lunga disquisizione, arricchita da documenti inediti. E ancora: quante volte Fellini è diventato, apertamente o allusivamente, personaggio di opere letterarie? E come è nata Fellinette, il personaggetto da lui disegnato per la nipote Francesca che vedete in copertina? Avevamo già dedicato il fascicolo precedente di «cabiria» a Fellini, ma le cose da dire su di lui sono talmente tante che uno solo non era sufficiente. comunque, se non vi basta, proseguendo trovate anche Malick, pasolini, Eisenstein (all’italiana), sofia, Welles…




Alta Val Tanaro
Guida romantica per i villeggianti

Lieto fine. Pare farlo apposta, una volta giunto a Ceva, a piegare a nord ovest per descrivere un arco che abbraccia le Langhe. Sotto il ponte della statale il Tanaro, uscito dalle gole pietrose dei Rocchini, ha già cambiato aspetto, da cordame contorto in flutti spumosi si è fatto nastro di raso e neanche le acque della Cevetta, che lo raggiungono subito dopo, lo movimentano un po’. Tira quasi dritto verso Piantorre, poi inizia un percorso tortuoso per bordeggiare, come un veliero, le colline del vino. Sembra procedere senza meta tra calanchi e argille erose che ne intorbidiscono le acque e, forse senza saperlo, si allontana dalla Bormida, che sposerà, come dice Manzoni, solo dopo un tempo lunghissimo, infinite divagazioni tra Monferrato e campi coltivati, lanche e golene alberate, affluenti che ne aumenteranno la portata e dighe che lo deprederanno. Parrebbe quasi una storia d’amore contrastata… Quando il Tanaro è a Ceva, la Bormida con il suo ramo occidentale attraversa Millesimo, a pochi chilometri in linea d’aria (mentre con l’altro, che sempre Bormida si chiama, bagna Cairo Montenotte), ma i due fiumi si uniscono solo nelle terre alessandrine, vicino a Pavone, e insieme, finalmente, corrono verso il Po che li condurrà nel Delta tra romantici casoni di pesca e praterie di salicornie. Forse mi piacerebbe seguire il corso del Tanaro verso la Bormida, ma è alla sua parte alta che si rivolge questo libro. Lasciate allora che vi conduca a ritroso verso il vero inizio della storia, tra gole rocciose e cascate ghiacciate.

LORENZA RUSSO da anni scrive di cultura alpina, di escursionismo e di ambiente in libri, favole e articoli (per “Alp”, “Lo Scarpone”, “L’Alpe”). Dopo aver dedicato molto tempo alle Dolomiti, si è spostata nel Ponente Ligure e ha scritto una guida gastronomica del Finalese (Dove nel Finalese. Il meglio di osterie, locande, agriturismo e prodotti tipici, Torino, Cda&Vivalda, 2003), territorio a cui è particolarmente legata. Dal rapporto con i “monti pallidi” sono nate una tesi di laurea in glottologia, poi trasformata in una guida escursionistico-toponomastica dal titolo Pallidi Nomi di Monti.Camminare nel territorio delle Regole d’Ampezzo tra Linguistica, Natura e Storia (esaurito) e il libretto di favole Bestiario d’Ajal, edito dal Comune di Cortina d’Ampezzo e illustrato da Lorenza. Le storie, ambientate nei boschi di Cortina d’Ampezzo, hanno il testo a fronte in dialetto ampezzano, infatti il Bestiario è stato pensato per gli allievi della Scuola elementare di Cortina che spesso non conoscono la natura della valle in cui abitano. La grande passione per la montagna ha portato Lorenza a scrivere due manuali per la casa editrice Hoepli, Camminare in montagna (2008) e Camminare nei boschi (2012). Nel 2008 Lorenza ha scritto la favola naturalistica La grande giornata di Loazzolo per la neonata oasi WWF del Forteto della Luja, a Loazzolo nelle Langhe. Per il nuovo Melangolo sono usciti due libri dedicati al Finalese: Autobiografia finalese – Guida sentimentale ai luoghi del Finalese e alla loro vita (2013 seconda edizione) e Cantastorie – Brevi ritratti di luoghi dimenticati nel Finalese (2014) e Milanomare, viaggia alternativi tra Milano e la Liguria (2015). Per Il Geko edizioni è uscito Mi porti in Val Bormida (2017), Landa d’autunno (2019), Oltremare (2020) e Girotondo alpino (2020).

 




Poesia intimistica e civile in Bruno Rombi

Mentre questo libro era in corso di stampa mi è giunta la triste notizia che Bruno Rombi, il poeta di cui in esso si parla, è venuto a mancare a Genova, il 27 aprile 2020. Com’è naturale, sono rimasta profondamente addolorata per la perdita non solo di un bravo poeta e di un letterato di valore, ma soprattutto di un caro amico che conoscevo dall’inizio degli anni ’80. La notizia mi ha poi ancor più rattristata per il fatto di non essere riuscita a portare a termine questo mio lavoro sulla sua poesia (che da lunga data gli avevo promesso) in tempo utile affinché lo potesse vedere. La sua morte mi induce comunque a pubblicare con maggiore sollecitudine questa mia ricerca che, pur abbracciando soltanto una parte della sua molteplice attività letteraria, e cioè la poesia, coglie tuttavia forse il lato più autentico della sua personalità artistica e umana. Alcune notizie sulla sua vasta e complessa produzione letteraria si possono ricavare dal lungo curriculum da lui stesso compilato qualche mese addietro e che compare in appendice a questo libro.

 




Polar lights
Discovering the Wonders of the Arctic

In an historical and cultural moment in which technology and large populated areas constantly dominate our lives, the authors’ wish is to bring us back to life in its truest and most original state through this informative photographic book, giving us a few moments of fresh air in which the only dominant figure is nature, in its forms and colours. ‘Polar Lights’ – their first book, as well as their first editorial collaboration – arises out of a project that lasted several years and was conceived as a tribute to the beauty and the hues of our Planet in this area… the Arctic. The editorial line opted for full-page photos in order to convey the highest expressiveness to the images, which will transport the reader – through more than 100 pages – to one of the ice realms in search of a mysterious and fascinating world, in which he/she can feel the vibrating strength of nature. The title “Polar Lights” wants to confer on the book a clear identity through two elements: on the one hand, the photographic element – for this reason the word ‘Lights’; on the other hand, the geographical area to which the theme of the book belongs – for this reason the word ‘Polar’.

 

CLAUDIO GHIGLIONE is a marine ecologist specialised in polar regions, expedition leader and nature photographer. He completed a PhD in Earth, Environmental and Polar Sciences and worked for several years as a researcher in the polar field. Thanks to his professional experience and knowledge, he currently works as a guide for national and international agencies, travelling around the world and reaching places far from the most popular routes.

 

MARCO GAIOTTI is a naval engineer who discovered, almost by chance, the wild environments of Africa, falling immediately in love with them. At the same time, his love for nature photography arises and grows driving him, year after year, to visit some of the most pristine places on the Planet. In recent years, he has been awarded in the most prestigious international and national photography competitions.

 




L’eredità culinaria del mio angelo
Vademecum della sopravvivenza nel 2020 ai tempi del Coronavirus

FRANCESCA CEFEO Genova, 18 ottobre 1977) ha vissuto i primi 27 anni di vita a Uscio, il paesino di campagna della sua mamma, Pierina Massone, per poi trasferirsi a Recco dove vive tuttora con il marito Marco e i loro bimbi Mattia e Manuel. Laureata con il massimo dei voti in Economia Marittima e dei Trasporti, Francesca è impiegata in banca ma ha sempre coltivato una passione per la lettura e la scrittura, con diverse pubblicazioni prevalentemente a tema calcistico e alcune apparizioni televisive quale opinionista sportiva. Per l’occasione Francesca ha scelto di usare il cognome della sua amata mamma, scomparsa improvvisamente il 2 agosto 2017 a Dublino durante una vacanza in occasione dell’amichevole calcistica tra il Manchester United e la Sampdoria. La sua dedica consiste nell’aver raccolto le ricette della “gran cuoca Pierina”, ricette casalinghe della cucina genovese scritte in maniera molto semplice, trascrivendo i foglietti compilati per anni da Francesca ammirando la mamma cucinare. Francesca non aveva mai cucinato e, rimboccandosi le maniche, ha utilizzato il suo testamento culinario per far sì che i suoi bimbi non sentissero la mancanza della cucina dell’amata nonna. Il lockdown dovuto al Coronavirus ha permesso l’accelerata alla stesura del suo “Vademecum” della sopravvivenza: Francesca sostiene che, se è riuscita lei a cucinare e persino ad impastare seguendo passo passo queste semplici ricette, può riuscirci chiunque! Ed è questo lo scopo del suo libricino: un omaggio alla sua mamma e allo stesso tempo un aiuto a chi si è trovato nella sua stessa situazione.




Girotondo alpino
In auto tra Cozie e Marittime

Mai avrei pensato di andar per monti in auto. Nei lunghi anni dolomitici ho calpestato chilometri di sentieri e percorso migliaia di metri di dislivello, chissà dove sarei arrivata se non mi fossi fermata ogni volta, se avessi continuato a camminare senza tornare a casa, giorno dopo giorno, salendo metro dopo metro. Forse avrei raggiunto Venere, che è il pianeta più vicino alla Terra. Sicuramente sono stata anche sulla Luna, quei giorni nella conca di Fanes, tra pallide rocce affusolate e ghiaie chiare, o al rifugio Biella, una notte in cui la Croda del Becco illuminata dal nostro satellite era divenuta color del latte e la camerata in cui dormivo una navicella spaziale. Ancora mi chiedo perché non sono uscita a passeggiare sospesa in quel chiarore meraviglioso… Nei boschi ho trascorso lunghe ore solitarie, in ascolto e in silenzio come in un tempio. Ho inalato essenze balsamiche, raccolto pigne, incontrato caprioli, tassi e vipere, mi sono messa pancia a terra per cogliere, senza romperlo, un porcino che era cresciuto attaccato ad una ceppaia. Alla sera avevo le unghie nere, il profumo di muschio addosso e le formiche ovunque. Ho immaginato fauni, ninfe e spiriti ancestrali, mi sono persa e ho avuto paura del buio. Ho esplorato così a lungo le Dolomiti e ora mi sento un po’ dolomitica anche io, una guglia alta e sghemba che si guarda intorno assorta.  A un certo punto dal nordest mi sono trovata nel nordovest, e ho messo altre radici in riva al mare. Anche se era ovvio che gli avrei voltato le spalle, in cerca di nuove cime da esplorare e di altri boschi di conifere in cui perdermi. Oltre la catena dei Monti Liguri, sfiorando colline di vigneti pettinati, sono arrivata a Cuneo, che come un sole irradia tante valli. E lassù ho conosciuto le strade più straordinarie delle Alpi.

 LORENZA RUSSO da anni scrive di cultura alpina, di escursionismo e di ambiente in libri, favole e articoli (per “Alp”, “Lo Scarpone”, “L’Alpe”). Dopo aver dedicato molto tempo alle Dolomiti, si è spostata nel Ponente Ligure e ha scritto una guida gastronomica del Finalese (Dove nel Finalese. Il meglio di osterie, locande, agriturismo e prodotti tipici, Torino, Cda&Vivalda, 2003), territorio a cui è particolarmente legata. Dal rapporto con i “monti pallidi” sono nate una tesi di laurea in glottologia, poi trasformata in una guida escursionistico-toponomastica dal titolo Pallidi Nomi di Monti.Camminare nel territorio delle Regole d’Ampezzo tra Linguistica, Natura e Storia (esaurito) e il libretto di favole Bestiario d’Ajal, edito dal Comune di Cortina d’Ampezzo e illustrato da Lorenza. Le storie, ambientate nei boschi di Cortina d’Ampezzo, hanno il testo a fronte in dialetto ampezzano, infatti il Bestiario è stato pensato per gli allievi della Scuola elementare di Cortina che spesso non conoscono la natura della valle in cui abitano. La grande passione per la montagna ha portato Lorenza a scrivere due manuali per la casa editrice Hoepli, Camminare in montagna (2008) e Camminare nei boschi (2012). Nel 2008 Lorenza ha scritto la favola naturalistica La grande giornata di Loazzolo per la neonata oasi WWF del Forteto della Luja, a Loazzolo nelle Langhe. Per il nuovo Melangolo sono usciti due libri dedicati al Finalese: Autobiografia finalese – Guida sentimentale ai luoghi del Finalese e alla loro vita (2013 seconda edizione) e Cantastorie – Brevi ritratti di luoghi dimenticati nel Finalese (2014) e Milanomare, viaggia alternativi tra Milano e la Liguria (2015). Per Il Geko edizioni è uscito Mi porti in Val Bormida (2017), Landa d’autunno (2019) e Oltremare (2020)




CoviDiario
80 giorni di relazioni e pensieri in lockdown

Dalla necessità di dare voce a molte storie, anche minime, di lotta e resistenza quotidiana al virus Covid-19, nasce un blog che poi si trasforma in un Diario di carta che rivela l’esistenza di un fitto sottobosco di azioni e relazioni nate durante i mesi del lockdown. Se di queste vicende si fossero impossessati i mass-media e la stampa ‘tradizionale’ non avremmo questi racconti, o peggio, avremmo l’ennesima sfilza di numeri, statistiche e uomini appiattiti alla voce ‘eroi’. Questo libro svela chi era al centro del tornado Coronavirus e combatteva senza armi o quasi; chi, mentre qualcuno si adeguava silenziosamente a indossare la mascherina e a non uscire di casa, cercava il modo per non sottostare passivamente a una reclusione travestita da sicurezza, fosse solo ragionando in maniera autonoma. Un testo fondamentale perché non accada quanto scriveva nel 1908 Anatole France: “Le testimonianze false valgono più di quelle vere, perché vengono create espressamente per le necessità della causa, su ordinazione e su misura, e quindi risultano esatte e particolareggiate. Sono preferibili perché trasportano le menti in un mondo ideale e le distraggono dalla realtà, che, in questo mondo, purtroppo, non è mai senza ombre.” CoviDiario affronta ragionamenti ampi, coinvolgendo il passato di un Paese senza memoria e contribuendo a svelare gli aspetti della nostra Società che da anni ci vengono tenuti nascosti: da riflessioni affini al mondo della Sanità pubblica massacrata da trent’anni di tagli e una logica votata al guadagno dei dirigenti, arriva ad affrontare questioni cruciali come l’informazione, l’uso delle parole, la società dei consumi, il conformismo. I resoconti dell’autore sono basati su osservazioni di persone realmente coinvolte, filtrate e riscritte da chi usa la scrittura da anni per scalfire la superficie della realtà e svelarla più profondamente, per costringere a riflettere anche chi non è più abituato a farlo da anni.

 

MARCO SOMMARIVA (Genova, 1963) premiato da Alessandro Baricco nel maggio 2001 come vincitore del Concorso letterario ideato dalla libreria online bol.com-Arnoldo Mondadori Editore, ha pubblicato i romanzi Il cristallo di quarzo (1999), Vorompatra (2003), Fischia il vento (2005), Il venditore di pianeti (2006), Lottavo romanzo (2013), L’osteria dei soprannomi (2014) e L’uomo degli incarichi (2019); i saggi Ribelli 1000-2000, un lungo millennio (2002), Lula (2003), Pillole situazioniste (2005), Written in the U.S.A. (2016), Italian graffiti (2017), Indispensabile (2019) e Sbirri! (2019); i fumetti Ventotene, storie di confinati (2007) e Esci dal guscio! (2019).




Verso la libertà
Racconti di Resistenza in Alta val Tanaro

Questo libro fa seguito alle testimonianze e racconti, relativi alla seconda guerra mondiale, riuniti in un mio precedente volume dal titolo: “Cari genitori, state tranquilli che sto bene… Diari, lettere, racconti di soldati dell’Alta val Tanaro”, pubblicato nel 2016 dalle Edizioni “Il Geko” di Recco (GE). Ai fatti, ordinati cronologicamente ed esposti in forma di racconti brevi, si alternano narrazioni e testimonianze di persone che assistettero o parteciparono ad eventi accaduti in Alta val Tanaro, o in valli prossime ad essa del Monregalese e della Liguria di ponente. Tutte le vicende sono riconducibili ai venti mesi (settembre 1943-aprile 1945) durante i quali, similmente a quanto accadde in altre regioni italiane, anche nell’area di cui tratto si protrasse la “lotta per la Libertà”; per essa, come si può constatare durante la lettura del libro, la popolazione civile pagò, indubbiamente, un prezzo molto alto. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la guerra, dapprima vissuta “a distanza” dalla popolazione dell’Alta val Tanaro, arrivò d’improvviso “sulla porta di casa e vi entrò dentro con prepotenza”: la gente si trovò di fronte un occupante ed un nemico. Numerosi ex militari, sbandati, giovani renitenti o che non avevano aderito all’esercito della RSI, diedero vita alle prime bande di resistenti che si opposero alle formazioni nazifasciste. Per venti mesi, dal settembre 1943 all’aprile 1945, gli abitanti dei paesi e delle loro frazioni convissero con la costante minaccia di rastrellamenti, soprusi e violenze, vessati sia dai nazifascisti, sia dai partigiani impegnati, soprattutto questi ultimi, nella continua ricerca di cibo, vestiario e calzature, armi e munizioni. Delazioni, sequestri, ritorsioni, crimini furono all’ordine del giorno. Si registrarono con assiduità anche  movimenti e passaggi di uomini e rifornimenti attraverso la valle, e tra questa e le valli confinanti del Basso Piemonte, del Ponente ligure e della vicina Francia. Le vicende e le testimonianze riportate nel libro forniscono un’idea di quanto accadde in quel periodo, di come tante persone affrontarono gli avvenimenti e di come alcuni seppero comportarsi dimostrando, pur in momenti così precari, difficili e drammatici, grande altruismo e generosità.

 

TULLIO PAGLIANA Nato a Ormea (CN), risiede a Cogoleto (GE). Ha scritto diversi libri legati alla storia dell’Alta val Tanaro tra cui: “Chiese, piloni, cappelle di Ormea e frazioni. Momenti di storia e religiosità popolare”, Editore Dominici (IM), 1990; (con Corrado Avagnina) “Martino dalla parte dei poveri. A 1600 anni dalla morte del santo vescovo di Tours”, pubblicato nel 1998 a cura della Parrocchia di Ormea; “Stefano Cagna, un aviatore al fianco di Italo Balbo”, edizione a cura del Comune di Ormea, 2002; “Cari genitori, state tranquilli che sto bene… Diari, lettere, racconti di soldati dell’Alta val Tanaro”, Il Geko Edizioni, Recco (GE), 2016; “Genti e castagni in Alta val Tanaro. Storia, immagini, lessico e cultura contadina”, Il Geko Edizioni, Recco (GE), due volumi, 2018. Ha curato diverse pubblicazioni e monografie collegate al Museo Etnografico dell’Alta val Tanaro allestito nel 1994 ad Ormea. Inoltre ha scritto il volume: “Gli ospedali del Ponente genovese. Voltri, Cogoleto, Arenzano, Pegli-Pra’, Campoligure, Rossiglione. Storia, personaggi, immagini”, stampato nel 2010 a cura della Asl3 Genovese.




Chiavari per noi

Una città, i suoi abitanti, le antiche tradizioni. I protagonisti della vita cittadina, i luoghi di ritrovo, gli amori e gli eventi che hanno traghettato Chiavari nei decenni. Il volume di Pezzi raccoglie un’eredità storica, fatta di avvenimenti realmente accaduti, episodi e vicende di chiavaresi in una sorta di flusso continuo di coscienza.

PIERLUIGI PEZZI nato e residente con la moglie a Chiavari: una figlia e due nipotine. Laureato alla Facoltà di Magistero con tesi in filosofia della storia nel 1974; ha ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nel mondo del lavoro nei trasporti, partecipando a meeting internazionali in tutta Europa; fino al 2016, tra Genova e Roma, in Autostrade. Scritti su: “Liguria Trasporti” (1981 – 1987), Genova “Solidarietà” (1987 – 1996), Torino “Conquiste del lavoro” (1988 – 1997), Roma “Koinè” Geopolitica dei Trasporti (1996), Milano “Autostrade cronache” (1999 – 2008), Roma “Giovanni Paolo II in visita alla Diocesi di Chiavari” (2008), Le Mani ed. – Recco “U Sciû Prevostû”- Internos, 2015, Chiavari “Il Villaggio” (2010 – 2016), Microart – Recco. Pubblicazioni: “Mario Sbarbori: Un Dono” (2002), Le Mani ed. – Recco “Da San Quirico a San Bernardo” (2014), con F. Baratta, Geko ed. – Recco “Don Botto: un parroco e la sua chiesa” (2016), con F. Baratta, Geko ed.- Recco “San Pê de Canne – storia di nostra gente” (2017), con M. Casaretto, Geko ed. – Recco “Don Gian” (2018), Geko ed. – Recco “Non solo don Nando … Olga e Gigetto Negri” con F. Baratta, Geko ed. – Recco




Se il mare viene sulla terra
Fotografie di Marcello Campora

Questa è la storia del mare che un giorno ha deciso di venire sulla terra La notte del 29 ottobre 2018 il mare davanti alla mia casa ha deciso di venire sulla terra. Non ho ancora capito bene il perché ad un certo punto il mare decida di venire sulla terra. Sembra quasi che ci sia troppo mare in mare. Mio nonno mi ha detto che è colpa dei grandi che sanno solo guardarsi la punta dei piedi. Ma loro lo fanno per non bagnarsi!

MARCELLO CAMPORA Nato a Savona, è architetto. Nel dicembre 2016 allestisce a Imperia, presso lo Studiorossi+ Secco, la mostra dal titolo ‘Spiaggia libera’. Nell’agosto 2017 presenta a Savona presso il Complesso Monumentale del Priamar il progetto ‘Torino vuota’. All’inizio di novembre 2017 a Torino presso l’Officina ‘Il Bicino’ realizza l’installazione ‘Tre biciclette’. Nel gennaio e nell’aprile 2018 viene invitato a documentare per ‘Striscia la notizia’ alcuni momenti del backstage della trasmissione con il dichiarato intento di raccontare la verità nascosta dietro lo schermo. Tra il 2018 e il 2019, insieme al giornalista Mario Muda, realizza ’Game over’, un progetto che mira a rendere visibili i volti, e conoscere le storie, dei ‘nuovi poveri’. Il progetto è ora diventato il sito web www.game-over.eu. Nel maggio 2019, nell’ambito della mostra ‘Doppio sogno’, allestita a Finalborgo e curata da Riccardo Zelatore, espone i due progetti: ‘Highway Saluzzo Revisited’ e ‘I Milanesi’. Nell’ottobre 2019, presso il Museo della Ceramica di Savona viene presentato il libro/catalogo ‘Marcello Campora Vincenzo Cabiati Saint Sebastian’. Il libro raccoglie gli scatti che raccontano la realizzazione da parte dell’artista Vincenzo Cabiati del progetto in ceramica ‘Saint Sebastian’, opera voluta e curata da Riccardo Zelatore. Nell’ottobre 2019 il progetto ‘Albania-Romania 1-0’ viene selezionato per essere esposto nella sezione Ph.ocus dell’edizione di Paratissima Art Fair di Torino Nell’aprile 2020 il video della favola fotografica ‘Se il mare viene sulla terra’ viene pubblicato dal Museo Santa Maria della Scala di Siena, all’interno della sezione online dedicato ai bambini ‘Ti regalo un’idea’ curato da Michela Eremita. Sempre nell’aprile 2020 una fotografia del progetto ‘Tomorrow’ ottiene la menzione speciale della giuria nell’ambito dell’esposizione online ‘HOME’, organizzata dalla galleria ‘Opendoors’ di Londra, con tema il recente lockdown. Il suo lavoro è da sempre incentrato sulle trasformazioni sociali, intese come motore di rinnovamento culturale. I cambiamenti sono raccontati attraverso le storie degli uomini e delle donne che ne sono protagonisti inconsapevoli.




Oltremare
Di valle in valle nel Ponente estremo

L’estremo Ponente è un regno arcaico di paesi di pietra in bilico su pendii brulli grigioverdi e su distese tremolanti di ulivi d’argento. Fermo ad un suo tempo interiore, immutabile. È un affresco in una chiesa campestre, un polittico prezioso, un Giudizio universale terrificante, un ponticello a schiena d’asino, un torrente che scava una forra. È una torre di avvistamento puntata verso il mare, una meridiana dipinta, è una rete di castelli diroccati. È rito ancestrale per celebrare il passaggio delle stagioni, flusso denso di olio dorato, processione di flagellanti incappucciati, fascio di erbe selvatiche raccolto da streghe sapienti. È filari di viti messe a dimora sulle fasce dei benedettini che hanno inventato la pianura in un mondo verticale. È un lembo di terra strategica conteso da sempre, una strada militare sulla cresta delle montagne, è la neve delle Alpi più vicine al mare, una via del sale che si arrampica sui crinali, un sentiero tra le spine per i contrabbandieri, un borgo attraversato dalla transumanza, una pecora con le corna a ricciolo. È un artista di Bussana, una parrocchiale scoperchiata dal terremoto, è ardesia, un passaggio voltato, una partita di pallone elastico. È la sabbia fine, gli alberghi Liberty sulla spiaggia, il Festival della canzone italiana. Lì, dove l’Italia finisce. È palme e fiori, è l’arco del sole, l’attesa di un confine. È distanza. È dialetto imperiese, lingua brigasca, cucina bianca, pane di Triora, bruss, baci di Alassio, stròscia e piscialandrea. È il Far West.

LORENZA RUSSO da anni scrive di cultura alpina, di escursionismo e di ambiente in libri, favole e articoli (per “Alp”, “Lo Scarpone”, “L’Alpe”). Dopo aver dedicato molto tempo alle Dolomiti, si è spostata nel Ponente Ligure e ha scritto una guida gastronomica del Finalese (Dove nel Finalese. Il meglio di osterie, locande, agriturismo e prodotti tipici, Torino, Cda&Vivalda, 2003), territorio a cui è particolarmente legata. Dal rapporto con i “monti pallidi” sono nate una tesi di laurea in glottologia, poi trasformata in una guida escursionistico-toponomastica dal titolo Pallidi Nomi di Monti.Camminare nel territorio delle Regole d’Ampezzo tra Linguistica, Natura e Storia (esaurito) e il libretto di favole Bestiario d’Ajal, edito dal Comune di Cortina d’Ampezzo e illustrato da Lorenza. Le storie, ambientate nei boschi di Cortina d’Ampezzo, hanno il testo a fronte in dialetto ampezzano, infatti il Bestiario è stato pensato per gli allievi della Scuola elementare di Cortina che spesso non conoscono la natura della valle in cui abitano. La grande passione per la montagna ha portato Lorenza a scrivere due manuali per la casa editrice Hoepli, Camminare in montagna (2008) e Camminare nei boschi (2012). Nel 2008 Lorenza ha scritto la favola naturalistica La grande giornata di Loazzolo per la neonata oasi WWF del Forteto della Luja, a Loazzolo nelle Langhe. Per il nuovo Melangolo sono usciti due libri dedicati al Finalese: Autobiografia finalese – Guida sentimentale ai luoghi del Finalese e alla loro vita (2013 seconda edizione) e Cantastorie – Brevi ritratti di luoghi dimenticati nel Finalese (2014) e Milanomare, viaggia alternativi tra Milano e la Liguria (2015). Per Il Geko edizioni è uscito Mi porti in Val Bormida (2017) e Landa d’autunno (2019)




CABIRIA 194 – 195
Studi di cinema

Fellini 100 L’occasione del centenario felliniano ci offre l’opportunità di aggiungere qualche contributo non peregrino ai tanti che si stanno pubblicando in tutto il mondo. Di Fellini si potrebbe parlare in ogni nostro fascicolo senza paura di ripetersi, scoprendo sempre qualcosa di nuovo – o di antico, se ricuperiamo (come siamo soliti fare e facciamo anche ora) dei materiali dimenticati. Partiamo da questi. Qui accanto potete vedere una piccola tavola di vignette, firmata semplicemente “Federico”, uno dei tanti disegni umoristici che Fellini ha realizzato prima di esordire nel cinema, che credo non sia stata più ripubblicata da quando comparve su «spettacolo» il 7 luglio 1944 a p. 43. È un “raccontino”, come si legge nel cartiglio, suddiviso in quattro scene, dove troviamo il circo, la “donnona”, una sorta di odalisca (come la “bella sulamita dello Sceicco Bianco) e una danza del ventre domestica, con tanto di tegame in testa al posto della falce di luna della procace selene circense (e qui viene in mente la padellata che don Pietro dà al vecchietto allettato in Roma città aperta). Vogliamo dire che c’è già molto del suo mondo a venire? Potremmo farlo, ma finiremmo per alimentare luoghi comuni. c’è poi, nel Laboratorio, il testo della lettura della Dolce vita che padre nazareno Taddei (altro centenario) redasse nel 1960: è un pezzo di storia della critica cinematografica, della società italiana, di una pastorale culturale che anticipò il concilio (e ne pagò lo scotto). Fondamentale rileggerla. Inoltre, dal 1964, un’intervista dimenticata, assente da tutte le bibliografie, a Fellini e Moravia sul rapporto tra cinema e letteratura. Di nuovo, invece, pubblichiamo un saggio sul “soggetto” nel cinema di Fellini da parte di uno dei massimi esegeti americani del Maestro, Frank Burke; e inoltre uno studio su quanto di innovativo Fellini ha dato al linguaggio filmico: in genere parlando dei suoi film tutti si soffermano sui contenuti, come se questi fossero avulsi da una serie di scelte espressive personalissime che spesso sono state innovative e rivoluzionarie. Ma non è tutto: Aldo Buzzi e Arrigo Benedetti vengono analizzati nel loro rapporto con il cinema andando a indagare in anfratti meno noti del loro lavoro intellettuale. Per questa volta non avremo né cineforum né Groovy Movies, che torneranno nel prossimo fascicolo (assieme a nuovo materiale felliniano).




La comunità solidale
Storia dell’associazione Giovani Amici Uniti

Insieme è necessario dare continuità al filo motivazionale che da oltre cinquant’anni alimenta una storia sociale e fa vivere una solidarietà attuata con la partecipazione di persone di tutte le età a favore del bene comune e della comunità territoriale. Una sfida difficile e tuttavia possibile, nella convinzione che la speranza e il sogno hanno come presupposto la fiducia nel futuro da parte delle persone, ma che per concretizzarsi come progetto sociale richiedono  l’impegno collettivo. È questa la sfida perseguita dalla GAU, dalla sua costituzione ad oggi, grazie all’impegno di migliaia di volontari che nel tempo si sono succeduti nelle diverse attività, dei dipendenti che hanno lavorato in tutti questi anni, di centinaia di ragazzi del servizio civile, oltre che delle migliaia di soci, delle diverse istituzioni e dei suoi gruppi dirigenti.




Uno sguardo sul mio quartiere e altri scritti

L’idea di riunire i lavori di mio marito Mauro Minetti in un’unica pubblicazione mi è sorta quando, dopo la sua morte, riordinando le sue carte ho cominciato a rileggere alcuni suoi articoli e, andando in giro per il nostro quartiere, mi sono sorpresa a guardare strade e palazzi con i suoi occhi, Mi sono chiesta allora se ai suoi amici avrebbe fatto piacere avere in mano un libro che li raggruppasse, almeno gli articoli che egli aveva salvato nei suoi archivi cartacei. Sono certa che ne esistano altri perché spesso egli riceveva richieste alle quali rispondeva anche sotto forma di lettera ma purtroppo non ne ha conservato traccia. La prima parte del libro racchiude gli scritti che trattano principalmente di strade e palazzi di Marassi e San Fruttuoso, escluso l’articolo 17 sulla Ferrovia, quartieri in cui trascorse tutta la sua vita. Innamorato della sua città amava in particolar modo San Fruttuoso dove era nato. La seconda parte è composta invece di brevi riflessioni sulla vita, attualità e curiosità. Ho pensato di inserirli in questa pubblicazione perché dà l’immagine di un uomo pieno di spirito critico e di umanità. La terza parte, più breve, raccoglie un piccolo assaggio delle lettere che egli scriveva. Spero vivamente di aver fatto cosa gradita a quanti lo hanno conosciuto e gli hanno voluto bene. Concludo con l’osservazione che alcuni articoli trattano temi che oggi possono apparire obsoleti ma sicuramente gran parte delle criticità trattate continuano purtroppo a rimanere tali. Ringrazio infine tutti quelli che lo hanno apprezzato, i suoi amici e colleghi del Municipio III Bassa Val Bisagno e le Redazioni dei giornali che hanno Pubblicato i suoi lavori. Fortunata Spadaro Minetti

MAURO MINETTI, (13/09/1948–30/12/2018) vede la luce a Genova, nel quartiere di San Fruttuoso vicino al complesso di Sant’Agata, da padre genovese e madre emiliana. Si sposa nel 1975 e dal matrimonio nascono tre figlie. Presso le suore Maestre Pie del convento di Sant’Agata frequenta la scuola materna e in piazza Martinez, alla Marconi, la scuola elementare. Fa parte del gruppo scout “Genova 8” fino a quando viene assunto, dopo il diploma, nelle Ferrovie dello Stato, prima come Assistente, poi come Capostazione e infine come Revisore Superiore. Abbandona gli studi in Scienze Politiche perché unico sostentamento della madre vedova. Tuttavia la politica rimane una delle sue passioni, insieme alla Storia della Marina, e vi si dedica cercando di trarne un vantaggio per la sua città. Soleva dire che era meglio occuparsi delle piccole cose del quartiere per migliorare la vita quotidiana della gente che pensare alle grandi opere e alla carriera perché a queste attività ambiva già molta gente. Viene eletto per due mandati consigliere della III Circoscrizione Bassa Val Bisagno e guida varie commissioni, tra cui quella sul Decentramento e Affari Istituzionali. E’ infine nominato Presidente dei Garanti dei Democratici di Sinistra della Federazione di Genova. Nella sua vita politica non entra mai a compromessi preferendo mettersi da parte che creare dissidi.

Inoltre si impegna concretamente nelle attività parrocchiali ed è eletto Presidente della San Vincenzo prodigandosi nei confronti di famiglie in difficoltà. E’ inoltre membro del Consiglio Affari Economici della sua Parrocchia. Collabora attivamente con diverse testate locali scrivendo articoli di varia natura. Muore all’età di settant’anni in seguito a una malattia incurabile.




Un sistema informativo territoriale per la valorizzazione e conservazione del tessuto storico ligure

Questa pubblicazione presenta i risultati della ricerca che, partendo dalla tesi di dottorato, ha portato alla realizzazione di un Sistema Informativo Territoriale per la conoscenza e la gestione di una porzione di territorio Ligure utile alla sua gestione, sia dei beni architettonici che paesaggistici.

L’approccio metodologico qui proposto può offrire strumenti in grado di sostenere un nuovo modo di rapportarsi col territorio nell’ottica della sostenibilità e dello sviluppo.

MICHELA SCAGLIONE, architetto, è professor e a contratto presso il Dipartimento Architettura e Design della Scuola Politecnica dell’Università degli Studi di Genova.




FINALBORGO – Tourist Guide
English

This guidebook is a precious tool, that gives you the chance to visit Finalborgo with ease, following a numbered map. The text recounts the history of this fantastic medieval Ligurian town, lingering over the streets, palazzi and details that would otherwise go unabserved. The numbering of the maps correspond to the same number of photos that complete the text making it more enjoyable to read.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) was born in Italy, in the city of Genoa. He started climbing and making trips to the Finale area in the 1980s, where he later moved. His love of the mountains and rock brought him first to pot holing and then climbing. Within a short time he also started bolting climbing routes particularly in the Finale area. In 2007 he published, with the editors Le Mani Edizioni, his first guidebook to Finale entitled “Finale by Thomas”, a sort of professional CV of his climbing routes. And now it is the turn of his tenth book to be published, a guidebook that describes in detail the walled medieval town, or “borgo”, of Finale Ligure.




FINALBORGO – Reiseführer
Deutsch

Mit dem vorliegenden Führer lassen sich Finalborgo einfach mit Hilfe der nummerieten Karte entdecken. Die Texte erzählen von der spannenden Geschichte dieses schöne  ligurischen Orte, verweit auf Wegen, an Palazzi und an vielen interessanten Details, die dem Betrachter sonst verschlossen bleiben würden. Die nummerierung auf der Karte entspricht den Fotos, die die Texte wunderschön begleiten.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) ist in der italienischen Stadt Genua geboren. In den achtziger Jahren beginnt er mit dem Klettersport und kommt dadurch immer öfter nach Finale, wohin er schließlich seinen Wohnort verlegt.Die Leidenschaft für die Berge und die Felsen führen ihn zunächst zur Höhlenforschung und später zum Klettern. Bald beginnt er Kletterrouten auszustatten und begeistert sich dabei besonders für das Gebiet in und um Finale.2007 veröffentlicht er im Verlag Le Mani Edizioni seinen ersten Kletterführer “Finale by Thomas”, eine Art “beruflicher” Lebenslauf seiner Kletterwege.Und nun ist es an der Zeit für seine zehnte Veröffentlichung, einen Reiseführer, der sich ausführlich mit dem Borgo von Finale Ligure beschäftigt.




FINALBORGO – Guide touristique
Français

Ce guide est un instrument précieux qui vous permettra de visiter Finalborgo de manière simple, en suivant un carte numérotée. Les textes racontent l’histoire de ce splendide bourg de Ligurie, en s’arrêtant sur les rues, immeubles et particularités qui pourraient passer inaperçus. La numération des cartes correspond à des photographies qui complètent les textes rendant ainsi la lecture plus agréable.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) naît en Italie, dans la ville de Gênes. Il commence à grimper et à fréquenter les Finalese dans les années quatre-vingts, puis s’y établit définitivement. La passion pour la montagne et la roche le font tout d’abord approcher la spéléologie et ensuite la grimpe. Il commence aussi à équiper des voies d’escalade spécialement dans la zone de Finale. En 2007 il publie, avec la maison d’édition Le Mani edizioni, son premier topo “Finale by Thomas”, une sorte de curriculum “professionnel” de ses voies d’escalade. Il travaille désormais sur sa dixième publication, un guide touristique qui traite en détail du village de Finale Ligure.




FINALBORGO – Guida Turistica
italiano

Questa guida è un prezioso strumento che vi permetterà di visitare Finalborgo in maniera semplice, seguendo una mappa numerata. I testi raccontano la storia di questo splendido borgo, soffermandosi su vie, palazzi e particolari che altrimenti potrebbero passare inosservati. La numerazione delle mappe corrisponde ad altrettante fotografie che completano i testi rendendone la lettura più piacevole.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) nasce in Italia, nella città di Genova. Inizia ad arrampicare ed a frequentare il Finalese negli anni ottanta, dove poi si trasferisce definitivamente. La passione per la montagna e la roccia lo fanno avvicinare dapprima alla speleologia ed in seguito all’arrampicata. In breve inizia anche ad attrezzare itinerari di arrampicata specialmente nella zona del Finalese. Nel 2007 pubblica, con la casa editrice Le Mani edizioni, la sua prima guida “Finale by Thomas, una sorta di curriculum “professionale” delle sue vie di arrampicata. E’ ora la volta della sua decima pubblicazione, una guida turistica che tratta nel dettaglio il borgo di Finale Ligure.




CABIRIA 193
Studi di cinema

Così per scherzo, con questa locuzione dantesca, mi capitava di appellare Virgilio Fantuzzi, da poco venuto a mancare, in virtù del suo nome illustre (era nato anche lui a Mantova) e del ruolo di guida che ha avuto per me come amico e come critico. Gesuita, critico cinematografico de «La Civiltà Cattolica», ma firma prestigiosa anche per altre testate, questa compresa, Fantuzzi ha esercitato fino all’ultimo il suo ministero presbiterale attraverso un servizio all’arte, alla verità, alla bellezza e al rispetto dell’uomo. Ho conosciuto personalmente Virgilio nel 1993. Prima leggevo e ammiravo i suoi scritti, ma poi ebbi modo di frequentarlo e di entra- re sempre più in confidenza con lui. Parlavamo tanto, anche per telefono; io lo ascoltavo e imparavo, ma anche lui voleva conoscere il mio pensiero, le mie analisi, le mie argomentazioni. Che a volte dissentivano dalle sue, e allora cominciavano discussioni che dura- vano serate intere e continuavano il giorno appresso. Mi rimprove- rava l’eccessiva puntigliosità: «Se io spacco il capello in quattro, tu lo fai in otto, sedici, trentadue pezzi…»; ma sapeva anche di poter contare su di me per qualche ricerca aggiuntiva, qualche dato sfug- gente, qualche verifica dell’ultimo momento. Ho ricevuto da lui la spinta per lanciarmi nel lavoro critico con più scioltezza, senza restare vincolato dallo scrupolo del filologo e dello storico, facendo valere anche le intuizioni personali, mai peregrine, bensì frutto di una rielaborazione che poggia su solide basi metodologiche. Con gli anni ho avuto il privilegio di fornirgli qualche spunto, di esse- re consultato per un parere, di scrivere con lui a quattro mani. Tutto questo ora mi manca, ma mi manca di più il suo affetto, l’apprezza- mento quando cucinavo per lui (era negato per queste cose) o il suo interessamento al mio lavoro di docente di scuola media (anche lui era stato educatore e insegnante). Fino alle ultime telefonate che ho potuto fargli, quando era ormai consapevole della prossima dipartita, non mancava mai di chiedermi cosa facessero i “miei ragazzi”, e c’era nella sua voce un calore che superava qualsiasi entusiasmo per un bel film. A testimonianza del suo apostolato nel cinema trovate nelle pagine che seguono anche due testi inediti: sono regali postumi che Virgilio ci fa, di cui, commosso, lo ringrazio a nome di tutti i cinefili.




CABIRIA 192
Studi di cinema

…e gentil core nel cui cospetto ven lo dir presente, in ciò che mi rescrivan suo parvente, salute in lor segnor, cioè Amore.

Così Dante esordiva nella Vita Nova facendo appello a coloro che, come lui, eran seguaci d’Amore perché rispondessero aiutandolo a interpretare un sogno un po’ inquietante che aveva fatto riguardo a Beatrice. Qualcosa di simile ha fatto Alberto Anile, fra i massimi esperti di Welles, scrivendo agli altri studiosi sparsi nel mondo per avere un loro parere-commento-studio in merito al film finalmente riemerso dalle celle frigorifere delle cineteche: The Other Side of the Wind. Erano in tanti ad aspettarlo e finalmente un anno fa, alla Mostra di Venezia, l’evento si è realizzato. Anche se con l’aiuto di Netflix, una società di streaming che, secondo alcuni, sta ricattan- do e addomesticando definitivamente il cinema. O forse no. Sono questioni che emergono dalle risposte di molti wellesiani che hanno aderito all’invito di Anile e che troverete nelle pagine che seguono. Dove pure ci si interroga su quanto l’onnipresente e onnipotente tecnologia digitale odierna si possa sposare a un cinema rigorosa- mente e necessariamente fatto di pellicole, emulsioni, formati e grana qual era quello di un tempo. Ma soprattutto ci sono le mille sfaccettature di un film che, se anche non è stato licenziato perso- nalmente dal grande Orson, è pur sempre frutto della sua creatività espansa, capace di portare avanti progetti negli anni e nei luoghi della sua vita raminga. Ogni volta un tassello, una pennellata, un verso aggiunto, finché è arrivata, anche per lui, pur bigger than life, la parola fine. Adesso il film – o almeno: un film – c’è e su «Cabiria» viene analizzato, strapazzato, ammirato e criticato.

Inoltre trovate un paio di novelle cinematografiche sottratte all’oblio e le riflessioni su due documentari recenti che possono essere accostati in un rapporto sociologico e antropologico di causa-effet- to: la fine del mondo arcaico amato da Pasolini in Notarangelo. Ladro di anime e la fine del mondo attuale in Normal. Per questioni di spazio, rimandiamo al prossimo numero la terza parte dello stu- dio dei soggetti inediti di Marcello Marchesi e la consueta rubrica “Groovy Movies”.




CABIRIA 190 – 191
Studi di cinema

Era intorno al ferragosto dello scorso anno quando ricevetti una telefonata dall’amico Adriano che, con la sua voce dal tono tra il cavernoso e lo stentoreo, mi diceva che sarebbe andato qualche giorno in Danimarca con la famiglia per un «pellegrinaggio dreyeriano». Io ero appena tornato dalla georgia, terra di Iosseliani, Paradzanov e Abuladze, ma di fronte all’importanza di Dreyer non potevo che inchi- narmi. «Vorrei scrivere qualche impressione sul grande maestro, ho un po’ di cose che mi ronzano in testa. Se vuoi poi ti mando il testo per pubblicarlo». «Ottimo, tanto più che su Dreyer non abbiamo mai scritto nulla su “Cabiria”: su “Ciemme”  sì…». «Si pronuncia drayer», mi inter- rompe un po’ brusco, il che mi fa capire che il suo livello di immersio- ne nell’universo dell’autore di Ordet è piuttosto avanzato. Il 26 agosto mi arriva il pezzo, intitolato Piccolo viaggio sentimentale in compagnia di Dreyer. È davvero piccolo (meno di 6000 battute, due paginette – tre se ci mettiamo delle immagini): speravo di più, ma comunque è un testo che si presta per un omaggio a cinquant’anni dalla morte del regista. Subito dopo un’altra mail mi avverte di lascia- re perdere il file «perché voglio aggiungere qualche cosa. Intanto per- ché non provi a fare ricerche sul coinvolgimento di Dreyer in un film ita- liano degli anni Trenta, girato in Somalia, sponsorizzato dalla “Stampa” di Torino? Non se ne è occupato nessuno». Da quel momento è comin- ciato il viaggio in un pozzo senza fondo. Io, costretto in casa per una convalescenza, ho cominciato col rintrac- ciare on line articoli, foto, spartiti, notizie varie su un fantomatico film intitolato Mudundu; lui – da ciò che mi raccontava sua moglie – chiu- so nel suo studio e immerso in fotocopie, libri, riviste, DVD e qualunque altro documento utile a esplorare zone dimenticate o totalmente vergini dell’attività di Dreyer: lo stato delle copie, gli scritti editi e inediti, la cronologia, la filologia, l’avventura africana… Poi la scoperta del rappor- to con l’Universalia, la sceneggiatura integrale per il film su gesù, i testi mai tradotti di/su Dreyer, il suo rapporto con Kierkegaard Il nostro scambio di mail da allora è diventato quotidiano, forsennato, a tutte le ore del giorno (e della notte). Un primo frutto di tutti questi mesi di ricerca e studio lo vedete nelle pagine che seguono, ma è solo una piccola parte di ciò che verrà in futuro pubblicato su un e-book dal titolo Variazioni su Dreyer. Lì troverete di tutto (e anche di più) Per ora godetevi pure Disney, Marchesi, Zavattini, di nuovo Antonioni, Bazin, Mieli.




Bertino e la ricchezza

Il libro “Bertino e la Ricchezza”, nato da felici intuizioni dell’autore che attraverso l’esplicitazione della sua idea di realizzare una favola da dedicare al figlio (e a tutti i bambini del mondo) è riuscito a concretizzarla con attente e puntuali valutazioni morali, può essere considerato come una “moderna favola per adulti”. L’idea di rendere protagonisti insieme a Bertino senza padre, madre e patria, abbandonato ed allevato magicamente dai folletti della foresta (sempre la natura è…alma mater), numerosi animali, può essere considerata, inizialmente un tentativo di imitazione nella più classica tradizione (da Fedro in poi). Ad una più approfondita considerazione però risulta evidente che l'”umanizzazione” degli animali risponde non solo ad esigenze di linguaggio favolistico ma anche a calibrate opportunità di attribuire loro considerazioni morali che rappresentano il “vero” fine dell’autore. In effetti, chi non potrebbe riconoscersi nei comportamenti della volpe, della cinciallegra o del lupo?! La soluzione dei problemi attraverso la rappresentazione della pazienza della tartaruga poi deve essere considerata come valutazione di profonda riflessione per tutti. Anche l’indescrivibile sconcerto di Bertino di fronte ad ostacoli improvvisi o difficoltà, a prima vista insormontabili, ci inducono a confrontare con le nostre esperienze personali e ci offrono occasioni di riflessione per cui, poi, si deve ricorrere all’aiuto di gruppi socialmente rilevanti. L’organizzazione, impeccabile nella teoria, non sempre trova uguale riscontro nella pratica … (i castori per decidere devono concedere permessi dopo “attente discussioni, valutazioni” ed interventi di autorevoli personaggi e personalità di spicco nell’ambito del gruppo che devono riuscire anche a convincere le masse). Per ottenere lo scopo prefissato, inoltre, non si deve esitare a promettere il “decimo” ai vari animali da fatica o da relazione… Ma chi poi non vorrebbe somigliare, a “felicità raggiunta”, un po’più alla volpe per liquidare i debitori non solo non riconoscendo i propri debiti morali e materiali ma cercare anche di convincerli della necessità di accontentarsi o di… temere (se si è più importanti può toccare ad altri di avere delle necessità o di dover avanzare richieste di favori). Le esperienze di vita dell’autore traspaiono anche dall’importanza data allo sviluppo del racconto soprattutto nell’uso, volutamente ricercato, di discorso diretto ed indiretto e dei tempi dei verbi mirati a sottolineare sue valutazioni morali che tuttavia, non danno adito a ricadute in facile o equivoco moralismo e secondo riferimenti e tradizioni culturali proprie. L’idea di fondo della struttura della favola è comunque intesa a sottolineare che, in ultima analisi, la vera ricchezza deve essere considerata la vera libertà, quella per cui devono motivarsi le azioni degli uomini nel rispetto della natura e degli altri esseri viventi, cose queste che si possono conquistare solo con significative esperienze personali affrontate con serenità e positività di atteggiamento.




Il Tempo del Melograno

…..“Quante Donne ho incontrato in questo percorso di malattia, parte di un’umanità sapiente ed oltraggiata, donne inermi e spaventate, umiliate ed offese, infuriate e ricettive, piene di paura, ma anche di speranza. Il dolore suscita bellezza e forza, agisce come recupero di energie sopite ed inespresse, palesa stati d’animo, mai prima ravvisati. Porto con me nel cuore tutti i loro sguardi, tutte le loro parole, il loro sorriso incerto, il loro smarrimento, che è anche il mio; forse la mia vita ha uno scopo alternativo, forse il percorso tracciato dal destino per me, è diverso da quello che io immaginavo.”

PAOLA VOLPI, nasce a Finale Ligure (Sv), ma dal 1983 vive a Recco (Ge). Dopo aver vinto il concorso magistrale, si dedica con passione al mondo dell’Insegnamento; nel frattempo, consegue la laurea in Materie Letterarie, presso la Facoltà di Magistero di Genova. Amante da sempre dell’arte e della poesia, concretizza questa sua attitudine, con la partecipazione ad importanti Premi Letterari, in veste di giurata. Nell’anno 2009, una pesante esperienza di malattia la costringe a rivalutare la propria inclinazione alla Vita ed alla speranza; pubblica Il tempo del melograno, che costituisce una testimonianza autobiografica del percorso delle Donne che si trovano in una situazione di malattia oncologica. Il libro ha ottenuto importanti riconoscimenti letterari, così come anche l’attività poetica, successiva. L’autrice attualmente opera come volontaria, presso la breast unit di Senologia dell’Ospedale San Martino di Genova.

 




Landa d’autunno
Strade solitarie tra Erro e Bormida

Un mare di colline mi attrae tra le sue onde verdi che sbattono su rocce purpuree e calanchi vetrosi. Come gabbiani bianchissimi, minuscole chiese si appoggiano sulle alture, visibili da lontano e segnano uno dei tanti orizzonti di una landa solitaria bagnata da fiumi e torrenti in discesa verso la pianura. Per questo mondo di mezzo, dove l’Appennino abbozza le sue prime forme, non ho un nome. O meglio, ne ho tanti, Bormida di Millesimo, Bormida di Spigno, Alto Monferrato, Alta Langa, valle dell’Erro… C’è sempre stato? Anche gli scorsi anni? Non ne sono così sicura, perché me ne sono accorta solo da poco, affacciandomi oltre il bordo della provincia di Savona, nella quale vivo. Mi ha stupito, calmato, sedotto e rigenerato. Si è materializzato, come d’incanto si è disegnato sull’atlante che tengo sempre in auto. Eccolo, compreso tra le ultime Bormide e i prati lunghi della Badia di Tiglieto. Il Beigua e le sue balze boscose lo separano dal mare. Quante stradine, spesso bianche, sterrate… A parte due provinciali importanti, è una ragnatela di percorsi minori. I paesi, quelli scritti in grassetto, sono Monesiglio, Cortemilia, Bistagno, Sassello, Spigno, per il resto mi sembrano posti così piccoli che un nome non ci sta. Dal vertice di questo triangolo, Acqui Terme emana vapori bollenti e sulfurei.

LORENZA RUSSO da anni scrive di cultura alpina, di escursionismo e di ambiente in libri, favole e articoli (per “Alp”, “Lo Scarpone”, “L’Alpe”). Dopo aver dedicato molto tempo alle Dolomiti, si è spostata nel Ponente Ligure e ha scritto una guida gastronomica del Finalese (Dove nel Finalese. Il meglio di osterie, locande, agriturismo e prodotti tipici, Torino, Cda&Vivalda, 2003), territorio a cui è particolarmente legata. Dal rapporto con i “monti pallidi” sono nate una tesi di laurea in glottologia, poi trasformata in una guida escursionistico-toponomastica dal titolo Pallidi Nomi di Monti.Camminare nel territorio delle Regole d’Ampezzo tra Linguistica, Natura e Storia (esaurito) e il libretto di favole Bestiario d’Ajal, edito dal Comune di Cortina d’Ampezzo e illustrato da Lorenza. Le storie, ambientate nei boschi di Cortina d’Ampezzo, hanno il testo a fronte in dialetto ampezzano, infatti il Bestiario è stato pensato per gli allievi della Scuola elementare di Cortina che spesso non conoscono la natura della valle in cui abitano. La grande passione per la montagna ha portato Lorenza a scrivere due manuali per la casa editrice Hoepli, Camminare in montagna (2008) e Camminare nei boschi (2012). Nel 2008 Lorenza ha scritto la favola naturalistica La grande giornata di Loazzolo per la neonata oasi WWF del Forteto della Luja, a Loazzolo nelle Langhe. Per il nuovo Melangolo sono usciti due libri dedicati al Finalese: Autobiografia finalese – Guida sentimentale ai luoghi del Finalese e alla loro vita (2013 seconda edizione) e Cantastorie – Brevi ritratti di luoghi dimenticati nel Finalese (2014) e Milanomare, viaggia alternativi tra Milano e la Liguria (2015). Per Il Geko edizioni è uscito Mi porti in Val Bormida (2017)

 




CABIRIA 189

M.A.: con le sole iniziali puntate ha siglato spesso i suoi articoli e ha firmato i suoi quadri Michelangelo Antonioni. Viene in mente N.U., uno dei suoi primi documentari dedicato alla nettezza urbana. Documentari sobri, scarni così come lo erano i modi di questo autore che ha cambiato il modo di fare cinema, di concepire l’inquadratura, il montaggio, il dialogo. Sono stati scritti centinaia di libri su M.A. e difficilmente si potrebbe aggiungere qualcosa di nuovo. Tutt’al più qualcosa di sconosciuto, dimenticato, rimosso: andando a scavare in archivi e biblioteche ci siamo imbattuti in abbinamenti insoliti: M.A. e Sergio Amidei; M.A. e Walt Disney; M.A. e Kon Ichikawa; M.A. e René Clair; M.A. e Jean Renoir; M.A. e Anna Magnani; M.A. e Mario Corso; M.A. e Sonja Henie; M.A. e San Francesco… Non potevamo lasciarci scappare l’opportunità, così abbiamo raccolto il materiale e ora ve lo proponiamo in questo Laboratorio, sperando di contribuire ad arricchire una bibliografia già cospicua. A completare il fascicolo, trovate tre Analisi dedicate ad altrettante pagine di storia del cinema e sul cinema: un film di culto, un autore di soggetti, un maestro di vita. Massimo Tria, partendo dal restauro presentato lo scorso anno alla Mostra di Venezia, ci parla di Va’ e vedi, lo straziante ritratto di un periodo storico infernale realizzato nel 1985 da Ėlem Klimov, un film che dovremmo sempre tener presente come paradigma dell’orrore per eccellenza: la guerra. Rinaldo Vignati ha realizzato un monumentale studio dei soggetti per il cinema di Marcello Marchesi non realizzati: vi troviamo davvero di tutto, segno dell’ecletticità di un autore più citato che conosciuto veramente. Pubblichiamo intanto la prima parte. Infine Federico Ruozzi, curatore dell’opera omnia di don Lorenzo Milani da poco uscita nei Meridiani, ci offre un ritratto del priore di Barbiana a partire da un ambito poco studiato: il suo interesse per il cinema come strumento per l’educazione.

 




VIA FERRATA DEGLI ARTISTI
Deutsch

Die 32-seitige Broschüre beschreibt die Via Ferrata Degli Artisti, die sich in der Gemeinde Magliolo, in der Provinz Savona, Italien, befindet. Neben der Entstehungsgeschichte der Via Ferrata beinhaltet sie eine Übersichtstabelle der verschiedenen Begehungszeiten sowie zwei Karten. Außerdem enthält sie eine Anfahrtsbeschreibung von der nächstgelegen Autobahnausfahrt (Finale Ligure, Provinz Savona) und Fotos jeder Straßengabelung mit den jeweiligen Kilometerangaben (auf diese Weise kommt man auch ohne Navigationssystem aus). Danach folgt die Beschreibung der Zustiegs- und der Abstiegspfade der Via Ferrata sowie aller verschiedenen Abschnitte des Aufstiegs der Via Ferrata selbst. Auch diese werden anhand von Fotos und sehr genauen Beschreibungen der gesamten Strecke begleitet und führen schließlich zum Parkplatz am Ausgangspunkt zurück.

Die Broschüre ist auf Italienisch, Englisch, Französisch und Deutsch erhältlich.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) ist in der italienischen Stadt Genua geboren. In den achtziger Jahren beginnt er mit dem Klettersport und kommt dadurch immer öfter nach Finale, wohin er schließlich seinen Wohnort verlegt. Die Leidenschaft für die Berge und die Felsen führen ihn zunächst zur Höhlenforschung und später zum Klettern. Bald beginnt er Kletterrouten auszustatten und begeistert sich dabei besonders für das Gebiet in und um Finale. Zwischen 1993 und 1996 wird er Ausbilder bei der S.S.I. (ital. Verband für Speläologie) und im Sportklettern des U.I.S.P. (ital. Sportverband) sowie des C.A.I. (ital. Alpenverein). Finale und seine Felswände werden zu seinem bevorzugten Gebiet zum Klettern und Erschließen neuer Routen. Im Laufe von ca. sechsundzwanzig Jahren stattet er hier, alleine oder zusammen mit Freunden, weitere über 600 Routen aus. 2007 veröffentlicht er im Verlag Le Mani Edizioni seinen ersten Kletterführer “Finale by Thomas”, eine Art “beruflicher” Lebenslauf seiner Kletterwege. Im Jahre 2010 erscheint im selben Verlag sein zweiter Führer, “Finale… non solo mare”, in dem Einrichtungen jenseits der gängigen Hotels und Herbergen beschrieben werden. Nach akkurater Kartierungs- und Vermessungsarbeit der Klettergärten im Gebiet von Finale, erscheint 2011 im Verlag Versante Sud der Sportkletterführer “Finale Climbing”. 2013 erscheint erneut im Verlag Versante Sud mit “Zu Fuß durch Finale” sein vierter Führer, der aus einer neuen Leidenschaft geboren wurde. Der Suche und Entdeckung von Trekkingtouren in und um Finale. Im Jahre 2016 wechselt er das Genre und veröffentlicht mit dem “Reiseführer 4 Dörfer” eine akribisch genaue Beschreibung von vier Orten mit der Auszeichnung als eine der„ schönsten Dörfer Italiens“. Im gleichen Jahr erscheint sein erster Roman “Il segreto della principessa Val”, ein reiner Science-Fiction-Roman mit Zeitsprüngen in die Vergangenheit und Begegnungen mit historischen Personen wie Freud, Gaudì und Tesla. Nach dem großen Erfolg von “Finale Climbing”, erscheint 2017 die neue Ausgabe dieses Kletterführers. Eine völlig überarbeitete und aktualisierte Ausgabe, die auf 808 Seiten alle Kletterrouten im Gebiet von Finale beschreibt… die erste Auflage war innerhalb von wenigen Monaten ausverkauft! In seinen neuen Buc “Picknicken in Ligurien“ beschreibt er Picknickplätze, Wiesen, Seen, Teiche und historische Dörfer in Westligurien und bietet damit eine echte Alternative zum Meer und Strand besonders für Familien mit Kindern. Gleichzeitig hat er noch drei andere Projekte ganz unterschiedlichen Genres in Arbeit, die alle nach diesem Buch aufeinander folgend erscheinen werden. www.finalebythomas.com




VIA FERRATA DEGLI ARTISTI
English

A 32 page brochure that describes the Ferrata degli Artisti route, situated just outside Magliolo (Savona, Italy). Inside you will find a short description of its history. On the following pages there are a series of tables giving the times it takes to do the various sections and two maps. Then there is  a section explaining how to get there by car, starting from the closest motorway exit (Finale Ligure) including photos of every junction and the distances between them (so you don’t even need a sat nav). Continuing, there is a description of the approach and descent paths and of all the various sections that make up the actual “via ferrata”. Here also there are photos and detailed explanations of the whole itinerary, all the way back to the car.

The brochure is available in Italian, English, French and German.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) was born in Italy, in the city of Genoa. He started climbing and making trips to the Finale area in the 1980s, where he later moved. His love of the mountains and rock brought him first to pot holing and then climbing. Within a short time he also started bolting climbing routes particularly in the Finale area. Between 1993 and 1996 he became a potholing instructor with the Società Speleologica Italiana and then a sports climbing instructor with the Unione Italiana Sport per Tutti and also a support instructor with the Club Alpino Italiano. Finale and its many crags became his area of choice for climbing and bolting. Here, in the last twenty-six years, he has equipped, by himself and together with others, more than 600 routes. In 2007 he published, with the editors Le Mani Edizioni, his first guidebook to Finale entitled “Finale by Thomas”, a sort of professional CV of his climbing routes. In 2010 his second guidebook was published, “Finale… non solo mare”, published by the same editor, that described the many non-hotel forms of accommodation available in the area. In 2011, after a precise and obsessive mapping and surveying of the crags around Finale, the sport climbing guidebook “Finale Climbing” came out, published by the editors Versante Sud. In 2013 his fourth guidebook “Sentieri di Finale” came out, arising from his new passion: the search for and discovery of trekking trails in the Finale area, again published by he editors Versante Sud. In 2016 he wrote a completely different type of book with “The Guide to the 4 Towns” that meticulously describes four of the most beautiful towns in Italy. In the same year his first novel came out: “Il segreto della principessa Val”, a science fiction book which jumps back in time to rediscover historical characters such as Freud, Gaudí e Tesla. In 2017, after the huge success of “Finale Climbing”, a new edition of this climbing guidebook was published; a revised and updated version that, in its 808 pages, describes all the climbing routes in the Finale area… the first print run was sold out in a few months. This is his new guidebook, Liguria Picnic, where he describes picnic areas, meadows, lakes, pools and old medieval towns in Western Liguria, some interesting alternatives to the beach for families with children. In the meantime he has other projects in the pipeline, of a completely different genre, that will follow on the heels of this guidebook. www.finalebythomas.com




VIA FERRATA DEGLI ARTISTI
Français

Brochure de 32 pages décrivant la Via ferrata degli artisti, située dans la municipalité de Magliolo (Savone, Italie). À l’intérieur, vous trouverez une mention historique de sa réalisation. Dans les pages suivantes, vous trouverez une série de tableaux avec les différentes durées de trajet et deux cartes. Ensuite, vous rencontrerez l’accès en voiture, décrit à partir de la sortie d’autoroute la plus proche (Finale Ligure, SV), complété par les photos de chaque intersection avec les différents kilomètrages (de cette manière, vous pourrez vous passer du navigateur satellite). Vous trouverez ensuite la description du chemin d’accès et du chemin de descente menant à la Via ferrata ainsi que toutes les différentes parties de montée qui composent la Via ferrata elle-même. Dans ce cas aussi, des photos et des descriptions très méticuleuses illustreront tout le trajet et vous ramèneront au parking de départ.

La brochure est disponible en italien, anglais, français et allemand.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) naît en Italie, dans la ville de Gênes. Il commence à grimpeur et à fréquenter la région de Finale dans les années quatre-vingts, puis s’y établit définitivement. La passion pour la montagne et la roche le font tout d’abord approcher la spéléologie et ensuite la grimpe. Il commence aussi à équiper des voies d’escalade spécialement dans la zone de Finale. Entre 1993 et 1996 il devient instructeur de la S.S.I. (Société Spéléologique Italienne) puis instructeur de grimpe sportive dans l’U.I.S.P. (Union Italienne de Sport pour tous) et aide instructeur pour le C.A.I. (Club Alpin Italien). Finale et ses roches deviennent le lieu d’escalade et l’équipement qu’il préfère. Ici, en vingt-six ans environ, il équipe seul ou accompagné, plus de 600 itinéraires. En 2007 il publie, avec la maison d’édition Le Mani edizioni, son premier topo “Finale by Thomas”, une sorte de curriculum “professionnel” de ses voies d’escalade. Son deuxième guide sur Finale paraît en 2010, “Finale… non solo mare”, édité par la même maison d’édition, qui décrit les structures extra-hôtelières de la zone. En 2011, après un travail attentif et méticuleux de cartographie des reliefs des falaises de Finale, “Finale Climbing”, le topo d’escalade sportive édité par la maison d’édition Versante sud voit le jour. En 2013 paraît Sentieri di Finale, son quatrième guide, né d’une nouvelle passion; la recherche et la découverte de parcours et trekking à Finale, encore édité par Versante sud. En 2016 il change complètement de genre et sort le “Guide des 4 bourgs” qui décrit méticuleusement quatre des plus beaux bourgs d’Italie. La même année, il publie son premier roman “Le secret de la princesse Val”, pure science-fiction avec des sauts temporels dans le passé pour redécouvrir des personnages historiques comme Freud, Gaudí et Tesla. En 2017, après le grand succès de “Finale Climbing”, la nouvelle édition de ce guide d’escalade est publiée; un volume mis à jour et complet qui décrit dans ses 808 pages toutes les voies d’escalade présentes sur le territoire de Finale … la première édition s’est entièrement vendue en quelques mois! Liguria Picnic, son nouveau guide où il décrit les zones de pique-nique, les prairies, les étangs, les lacs et les villages historiques de la Ligurie ouest, est une alternative originale à la mer, pour les familles avec enfants. En attendant, il a en réserve trois autres projets, d’un genre complètement différent, qui sortiront après ce guide. www.finalebythomas.com




VIA FERRATA DEGLI ARTISTI
Italiano

Una brochure a 32 pagine che descrive la Via ferrata degli artisti, ubicata nel Comune di Magliolo (Savona-ITALY). All’interno di essa troverete un accenno storico della sua realizzazione. Nelle pagine seguenti si troveranno una serie di tabelle con i vari tempi di percorrenza e due cartine. Poi ancora incontrerete l’accesso in auto, descritto partendo dal casello autostradale più vicino (Finale Ligure, SV) e completo delle foto di ogni bivio stradale con i vari chilometraggi (in questo modo potrete fare anche a meno del navigatore satellitare). Proseguendo, si troverà la descrizione del sentiero di accesso e di discesa alla Via ferrata e tutti i vari tratti di salita che compongono la Via ferrata stessa. Anche in questo caso foto e descrizioni molto meticolose illustreranno tutto il percorso riportandovi così al parcheggio di partenza.

La brochure è disponibile in lingua italiana, inglese, francese e tedesca.

MARCO “THOMAS” TOMASSINI (1971) nasce in Italia, nella città di Genova. Inizia ad arrampicare ed a frequentare il Finalese negli anni ottanta, dove poi si trasferisce definitivamente. La passione per la montagna e la roccia lo fanno avvicinare dapprima alla speleologia ed in seguito all’arrampicata. In breve inizia anche ad attrezzare itinerari di arrampicata specialmente nella zona del Finalese. Fra il 1993 ed il 1996 diventa istruttore della S.S.I. (Società Speleologica Italiana) e poi istruttore di arrampicata sportiva nell’U.I.S.P. (Unione Italiana Sport per Tutti) ed aiuto istruttore nel C.A.I. (Club Alpino Italiano). Finale e le sue rocce diventano lo scenario di arrampicata e chiodatura che predilige. Qui, nel corso di circa 28 anni, attrezza da solo o insieme ad altri, più di 600 itinerari. Nel 2007 pubblica, con la casa editrice Le Mani edizioni, la sua prima guida “Finale by Thomas“, una sorta di curriculum “professionale” delle sue vie di arrampicata. Nel 2010 esce la sua seconda guida sul Finalese, “Finale… non solo mare”, edita dalla stessa casa editrice, che descrive le strutture extra-alberghiere del comprensorio. Nel 2011 esce, dopo un attento e maniacale lavoro di mappatura e rilievo delle falesie del Finalese, “Finale Climbing”, la guida di arrampicata sportiva edita dalla casa editrice Versante sud. Nel 2013 esce “Sentieri di Finale”, la sua quarta guida nata da una nuova passione; la ricerca e la scoperta di percorsi e trekking nel Finalese, edita sempre dalla casa editrice Versante sud. Nel 2016 cambia completamente genere ed esce con la “Guida dei 4 borghi” che descrive meticolosamente quattro dei borghi più belli d’Italia. Nello stesso anno esce il suo primo romanzo “Il segreto della principessa Val”, pura fantascienza con salti temporali nel passato per riscoprire personaggi storici come Freud, Gaudí e Tesla. Nel 2017, dopo il grande successo di “Finale Climbing”, esce la nuova edizione di questa guida di arrampicata; un volume aggiornato e completo che descrive nelle sue 808 pagine tutte le vie di arrampicata presenti nel territorio del Finalese… la prima tiratura viene completamente venduta in pochi mesi! Esce adesso Liguria picnic, la sua nuova guida con la quale descrive aree picnic, prati, laghi, laghetti e borghi storici della Liguria di Ponente, un’originale alternativa al mare pensata per famiglie con bambini. Nel frattempo ha in serbo altri tre progetti, di genere completamente differente, che usciranno a ruota dopo questa guida. www.finalebythomas.com




Dalle ruote alle ali
Storia illustrata del trasporto pubblico a SESTRI PONENTE

Fin da quando era Comune autonomo, il popolato quartiere di Sestri Ponente ha costituito un importante centro di mobilità, sia per quanto riguarda gli spostamenti verso il centro di Genova che per i pendolari che vi giungevano dal circondario e da fuori Provincia. Qui infatti si sono insediate numerose e importanti industrie che hanno dato lavoro a generazioni di famiglie. In questo volume sono state trattate e illustrate le più differenti tipologie di mezzi di trasporto, a partire da quelli locali come l’omnibus a cavalli ed il tram elettrico, fino ad arrivare alle due linee ferroviarie, rispettivamente la Genova-Sestri-Voltri-Savona (1868) e la Genova-Borzoli-Ovada-Asti (1894). Un altro importante collegamento fu istituito per opera del sestrese Secondo Traverso che con il suo consistente parco di autobus (più comunemente chiamate “corriere”) arrivò a gestire per mezzo secolo diverse linee, prima tra le quali quella per Rivarolo in Val Polcevera con transito da Borzoli. La scomparsa del tram elettrico degli anni Sessanta ha coinciso con lo sviluppo delle linee di autobus collinari che nel corso degli anni hanno raggiunto puntualmente tutte le zone edificate. Nel libro non si è trascurata, anche se non di interesse prettamente locale, la storia dell’Aeroporto “Cristoforo Colombo”, per il quale il 2018 è stato uno degli anni di maggior traffico.

CORRADO BOZZANO è nato nel 1945 a Genova ove risiede. Fra i suoi interessi il settore dei trasporti ed in particolare quello automobilistico, nel cui ambito conduce da molti anni una ricerca tesa a ricostruire l’origine e l’evoluzione dei servizi nel comprensorio ligure.

CLAUDIO SERRA è nato a Genova nel 1966 dove abita e lavora. Da parecchio tempo si occupa di storia e ricerche sul trasporto pubblico e le vie di comunicazione con particolare riferimento a quelli della sua regione. Si dedica inoltre alla storia del costume italiano in ambito teatrale e cinematografico.

 




La Musica in Atto

La musica non è unicamente suono e di certo non è possibile capirla compiutamente solo con l’ascolto, essa non può fare a meno di riflettere anche il suo tempo, insieme all’orizzonte culturale che la identifica nelle diverse epoche.  Considerando alcuni recenti studi che affrontano la questione delle origini, o ripercorrono le teorie dei musicisti barocchi, oppure semplicemente osservano le diverse manifestazioni dell’attualità, il libro si muove all’interno di spazi reali, tra le suggestioni che materializzano la sua bellezza. In questo senso i paesaggi, gli edifici sacri e profani, i monumenti,  si legano ad avvenimenti, concerti, strumenti musicali, per suggerire una visione più complessiva dell’arte, da intedere come insieme di linguaggi diversi.

Luisa Ferrari, Genovese, il suo percorso professionale inizia a Roma, insegnando fotografia presso il Centro Mezzelani e successivamente a Genova presso la scuola di fotografia “Professione Fotografo”. Realizza diversi reportages all’estero oltre ad alcuni a tema sociale in Bosnia e nella Casa circondariale di Marassi, con particolare interesse all’approfondimento degli stili di vita delle comunità,  anche dei piccoli centri.

Patrizia Timossi, nata a Campo Ligure architetto e libera professionista, ha collaborato a lungo con la Facoltà di Architettura dell’Università di Genova in attività di ricerca urbanistica e suoi lavori sono stati pubblicati. È socia della Fondazione Mario e Giorgio Labò. Coltiva da sempre la passione per la musica, suona il violino.

 




Luci polari
Viaggio alla scoperta delle meraviglie dell’artico

In un momento storico-culturale in cui tecnologia e grandi centri abitati dominano costantemente le nostre esistenze, con questo libro fotografico-divulgativo i due autori vogliono riportarci alla vita nel suo stato più vero ed originario regalandoci qualche istante d’aria fresca in cui l’unica dominatrice è la natura, nelle sue forme e colori. ‘Luci polari’ è il loro primo libro, nonché la loro prima collaborazione editoriale, e nasce da un progetto durato diversi anni e ideato come tributo alla bellezza e alle sfumature del nostro Pianeta in questa regione…l’Artico. La scelta editoriale ha voluto fotografie a piena pagina allo scopo di dare massima espressività alle immagini, che – attraverso più di 100 pagine – trasporteranno il lettore in uno dei regni del ghiaccio alla scoperta di un mondo misterioso e affascinante, in cui potrà avvertire la forza vibrante della natura.

Il titolo vuole dare un’identità ben precisa al volume attraverso due elementi: da un lato la componente fotografica – da qui la scelta di utilizzare LUCI – dall’altro l’area geografica del tema trattato – da qui la scelta di utilizzare POLARI.

CLAUDIO GHIGLIONE è un ecologo marino specializzato in aree polari, guida di viaggio e fotografo naturalista. Dottore di ricerca in Scienze della Terra, Ambientali e Polari, ha lavorato diversi anni come ricercatore in ambito polare. Attualmente, grazie al suo percorso professionale e alle sue conoscenze, lavora come guida per agenzie nazionali ed internazionali, in giro per il mondo in location fuori dalle più comuni rotte commerciali.

MARCO GAIOTTI è un ingegnere navale che scopre quasi per caso gli ambienti selvaggi dell’Africa, innamorandosene immediatamente. Parallelamente nasce e cresce il suo amore per la fotografia naturalistica che, anno dopo anno, lo spinge a visitare alcuni dei luoghi più incontaminati del Pianeta. Negli ultimi anni ha ottenuto riconoscimenti nei più prestigiosi concorsi internazionali e nazionali di fotografia.

 




Genti e castagni in Alta val Tanaro
Storia, immagini, lessico e cultura contadina

“Genti e castagni in Alta Val Tanaro” di Tullio Pagliana non è soltanto il testo più ampio e completo sulla diffusione della coltura e della cultura del castagno nella nostra valle, ma è il racconto di secoli di storia sociale ed economica del nostro territorio, accompagnato da precise annotazioni sulla documentazione esistente. Nella prima parte ripercorre la storia di secoli di economia agro silvo pastorale in alta valle Tanaro, ricostruendo fatti e condizioni di vita delle popolazioni locali e raccontando le difficoltà e le peripezie vissute dai nostri antenati a causa di guerre e malattie. La seconda parte è un dizionario della cultura contadina dove viene ben spiegato e documentato tutto ciò che riguarda le attività, gli oggetti, le colture e la flora della nostra zona, con espressioni e modi di dire della tradizione e del dialetto di Ormea. Il libro contiene una serie di poesie in lingua locale dell’autore, che raccontano storie e avvenimenti o descrivono luoghi significativi della nostra storia e della nostra cultura.

TULLIO PAGLIANA nato a Ormea (CN), risiede a Cogoleto (GE). Svolge da tempo ricerche sulla storia dell’Alta Val Tanaro. Prima di questo libro ha scritto altri testi tra cui: “Chiese, piloni, cappelle di Ormea e frazioni. Momenti di storia e religiosità popolare”, editore Dominici (IM), 1990; “Stefano Cagna, un aviatore al fianco di Italo Balbo”, edizione a cura del Comune di Ormea, 2002, “Cari genitori, state tranquilli che sto bene…”, Il Geko Edizioni, Recco (GE), 2016 e diverse pubblicazioni collegate al Museo Etnografico dell’Alta Val Tanaro allestito nel 1994 ad Ormea.




Guida Didattica non Ufficiale per littleBits
a cura di Scuola di Robotica

Una guida semplice per chi vuole avvicinarsi al mondo didattico di littleBits, per intraprendere con i propri studenti un percorso sull’elettronica attraverso il pensiero creativo e l’apprendimento del fare, senza rinunciare all’attenzione verso i laboratori di tipo tecnico e scientifico, definito oggi come ambito educativo delle STEAM. Alla tecnologia sono state affiancate discipline quali scienze naturali, storia, letteratura ed arte, per un programma multidisciplinare.

Tra schede di laboratorio e descrizioni tecniche, il manuale vi guiderà in modo “leggero” su argomenti considerati di per sé “difficili”. Temi e progettazione stimoleranno lo studente al problem solving e a conoscere ciò che lo circonda. I laboratori sono stati ideati e strutturati per venire incontro sia al mondo maschile che a quello femminile. L’introduzione di racconti e favole animate, tra lettura ed ascolto, indurranno alla condivisione di gruppo.

La facilità d’uso dei componenti littleBits, sotto forma di “mattoncini”, permetterà l’attività di composizione, in cui il bambino sarà diretto artefice dei propri lavori che diventeranno “creazioni” di tipo ingegneristico, di fantasia o sperimentali.




Verba Manent
conversazioni su artigianato e design

Riunire sei calibri, le cui bio e bibliografie non lasciano spazio a dubitazioni alcune, abili nello spostarsi con singolare naturalezza da una disciplina espressiva all’altra, mai tradendo coerenza di pensiero e rigore realizzativo, non capita tutti i giorni. Qualche detrattore potrà pur sostenere che il tema è oramai quasi scolastico, perfino saccheggiato, ma vale la pena ricordare che, come confermano gli intervistati, il design (inteso come pratica del progetto e capacità soggettiva di produrre valore estetico e di senso), a differenza dell’arte contemporanea che legittima più o meno qualunque cosa, non può essere qualunque cosa. Intendo dire che il design non avrebbe motivo di esistere se qualsivoglia manufatto andasse bene come oggetto di design.

Riccardo Zelatore

 

Il testo tenterà non di trovare i motivi per avvalorare un nostalgico ritorno al passato, ma di sostenere le possibilità di interazione che queste due discipline, artigianato e design, possono avere a discapito delle apparenze, sulla base di fondate teorie antiche e nuove, convinti come siamo che sia di fondamentale importanza lavorare per trovare la giusta simbiosi tra innovazione e tradizione, e rispondere così alla domanda: “Come continuare a pensare da artigiani, facendo uso corretto della tecnologia?”

gli autori

 

ALESSANDRA GIACARDI (Savona, 1981). Architetto, laureata presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Genova nel 2006, ha conseguito nel 2011 un Dottorato di Ricerca Europeo in Design (European Ph.D. Label) presso la Scuola di Dottorato in Architettura e Design della Facoltà di Architettura di Genova e presso il TU Delft – DFS Design For Sustainability – Università dei Paesi Bassi. Ha vissuto e lavorato in Irlanda (Dublino) e in Spagna (Siviglia) dove ha collaborato con lo studio di Architettura Solinas y Verd Arquitectos con cui ha potuto approfondire le conoscenze in materia di eco architettura e design e nel 2011 con il Dipartimento per il Design Sostenibile (DFS) dell’università TU-Delft (vicino Rotterdam, Olanda). Nel 2009 ha fondato lo studio di architettura, design e fotografia 2apstudio.

 

MASSIMO FERRANDO (Savona, 1972). Artista poliedrico e versatile, è scrittore, fotografo e promotore di un design declinato in senso artistico, artigianale e autoriale. Ha compiuto studi in architettura grazie ai quali è in grado di lavorare coerentemente nello spazio; la lunga prassi artigianale e la dimestichezza con la scrittura poetica gli permettono di conferire ai suoi progetti e oggetti caratteristiche dai forti contenuti simbolici. Ha pubblicato nel 2008 la sua raccolta poetica “Per altra porta” (Galata Edizioni, con testo critico di Massimo Morasso e presentato alla fiera del libro di Torino). Suoi testi sono apparsi in Italia (Lietocolle, Joker, Galata, Fara edizioni, Espoarte) e Francia (Jacques Flament Edition). Ha frequentato nel 2009 il centro TAM dello scultore Arnaldo Pomodoro, nel corso di scultura, gioiello e design nei laboratori di Pietrarubbia (PU) e presso la fonderia Battaglia di Milano. Spazi espositivi in Italia, Francia e Turchia hanno ospitato suoi lavori e interventi. Nel 2013 ha inaugurato OPUS Design, laboratorio d’arte, architettura e design.

 

RICCARDO ZELATORE  (Genova, 1964). Laureato in ingegneria elettronica, dal 1994 vive a Savona. Appassionato collezionista e studioso di ceramiche artistiche e artigianali, antiche e moderne, è autore di alcune pubblicazioni sull’argomento. Curatore di mostre, organizza esposizioni in gallerie e pubbliche istituzioni in Italia e all’estero. Scrive d’arte pubblicando cataloghi tematici e monografie. Dal 2004 supervisiona i programmi espositivi di Balestrini centro cultura arte contemporanea. Dal 2007 al 2010 è stato direttore artistico di Annotazioni d’arte, Milano. Dal 2007 ha coordinato il programma mostre di Terre d’Arte in Torino. Dal 2011 al 2014 ha ricoperto l’incarico di Direttore della Fondazione Zappettini per l’arte contemporanea, Milano e Chiavari. Dal 2012 è coordinatore generale dell’Associazione Culturale Attilio ANTIBO. Dal 2014 è membro del CdA della Fondazione Bozzano Giorgis in Varazze, di CASAPERLARTE Fondazione Paolo Minoli in Cantù e dal 2015 della Fondazione Giuseppe Mazzotti 1903 in Albissola Marina.