Questa nuova pubblicazione è una accurata ricerca storico-scientifica che racconta sì della vita sociale del circolo ma soprattutto racconta – e questo è il va- lore aggiunto che ha sorpreso tutti e ha appassionato gli Accademici nel lavorare sugli archivi – dell’evoluzione della sociabilità nella città di Milano nel corso dei due secoli, l’Ottocento e Novecento, ricchi di tante trasformazioni. Soprattutto il Novecento è stato un secolo che ha consacrato Milano città europea, capace di competere con le grandi capitali. Milano, Mediolanum, da sempre terra di mezzo appunto, luogo di incontro delle genti tra nord e sud, est e ovest. Milano, locomotiva di progresso economico grazie alla sua predisposizione ad accogliere e ad aprirsi a nuove sfide. Milano, riferimento nazionale indiscusso per il lavoro nonché riferimento internazionale per la finanza, le corporation globali, la moda, il design, la cultura e, più recentemente, l’educazione universitaria e il turismo (ma anche per il terzo settore, probabilmente per quella innata vocazione meneghina all’accoglienza). È nel corso del Novecento che si modifica l’aspetto urbanistico della città, con il sorgere dei primi grattacieli: il cosiddetto Pirellone e la Torre Velasca. Nascono nuovi quartieri quali Quarto Oggiaro, QT8, Milano 2. Cambia il suo profilo etnico: da multiregionale a multietnico, insomma un nuovo “abito”, sempre più cosmopolita e globale. Ma vediamo più da vicino la struttura della ricerca. In apertura del volume, Angelo Bianchi analizza i primi Regolamenti del circolo (giunto sino a noi in forma manoscritta e mai dato alle stampe), che viene contestualizzato e messo in relazione con i successivi. Riccardo Benzoni poi delinea la composizione della compagine sociale offrendo al lettore un complesso studio prosopografico dei primissimi soci del circolo, dalla fondazione fino alla prima metà dell’Ottocento. A seguire, Elena Riva dapprima si interroga sul cambia- mento della sociabilità alle soglie dell’unità nazionale, per poi passare a descrive- re ed analizzare le grandi feste, i balli e le accademie che resero celebre il circolo. Rosa Cafiero, da musicologa, si sofferma sul ruolo fondamentale delle accademie musicali. Carlo Bazzani prosegue attraversando le vicende del circolo nell’età risorgimentale, epoca cruciale in tutta la penisola ma, soprattutto, per Milano, mentre tocca a Maurizio Romano indagare vicende e personaggi del circolo nella prima metà del Novecento, in un’età che potremmo definire già contemporanea. Infine, Silvia Donghi prova a ricostruire le varie fasi di formazione dell’archivio sociale del circolo, con particolare attenzione alle figure dei primi soci con qualifica di archivisti e all’operato di Ambrogio Terruggia, che fu il primo a ricevere dalla Direzione l’incarico di operare un ordinamento ed uno scarto sulle carte del circolo. In chiusura, indaga la composizione della biblioteca sociale della Società del Giardino, in modo da fare emergere le letture della classe dirigente milanese attraverso i decenni. Leggere i vari capitoli è come fare un viaggio nel tempo che, attraverso gli occhi del circolo, apre alle trasformazioni di cui si accennava precedentemente. Il circolo è davvero uno specchio della sua città e questo rappresenta un valore importante, idealmente il pilastro su cui poggia l’impalcato che proietta il circolo stesso, e la sua storia, in questo nuovo secolo, con le sue tradizioni – ora secolari – e le sue consuetudini, fatte di immutabile spirito di convivialità e conversazione, che si fondano sul principio dell’amicizia. Infine, della sua sede, da percepirsi quale seconda casa a tutti gli effetti per i suoi sodali: un baluardo a protezione di quella umanità buona, lontana da ideologie e pregiudizi, quella del vivere bene, nonché occasione per sospendere, per quei tratti di tempo trascorsi a Palazzo Spinola, pensieri e preoccupazioni dettati dalla frenetica quotidianità. Seguendo negli anni recenti le vicende del circolo non si può non considerare come esse siano strettamente legate alle vicende cittadine e nazionali coeve. I notiziari sociali, negli anni Sessanta e Settanta (gli anni delle lotte per nuove conquiste sociali, della contestazione giovanile e poi, purtroppo, del terrorismo), si fanno visibilmente scarni, e mostrano una sociabilità principalmente rivolta verso l’interno, forse un po’ autoreferenziale, piuttosto che all’esterno. Negli anni Cinquanta gli Albi Sociali riportano un numero di soci ben superiore ad 800: ver- so lo scorcio degli anni Settanta, invece, la compagine sociale appare così ridotta da non raggiungere le 400 unità. La seconda delle grandi transizioni che il secolo scorso ha attraversato, dopo la fine del secondo conflitto e il boom economico, è stata quella degli anni della crisi cui seguiranno, come poc’anzi accennato, prima le lotte operaie, poi la contestazione studentesca e, infine, i cosiddetti “anni di piombo”. Il circolo ha attraversato queste fasi e le ha sofferte: ciò nonostante, ha costituito sempre un punto di riferimento per il corpo sociale, sempre rappresentativo della migliore qualità della società civile meneghina nelle sue varie professioni. Leggere i nomi di Luigi Carraro e Angelo Moratti negli annuari sociali degli anni Sessanta riporta, con un senso di sognante romanticismo, ai tempi della vincente Milano calcistica, e del suo stadio San Siro. Anche leggere quelli di Elio e Fulvio Bracco, Bernardo Caprotti, Silvio Tronchetti Provera, del senatore Senatore Borletti e dei fratelli Ferdinando e Mario Borletti, di Giovanni Battista Caproni di Taliedo, di Antonio e Rinaldo Invernizzi, di Franco Ratti di Desio dà uno spaccato rappresentativo, ancorché non esaustivo, della Milano del saper fare presente nel corpo sociale. Per non dimenticare dell’arte, della scienza, della cultura e dello sport: Gianni- no Castiglioni, autore di una delle porte bronzee del Duomo; Mario Tiengo, già Presidente del Giardino, pioniere della terapia del dolore; Cesare Chiodi, già due volte anch’egli Presidente del circolo, ingegnere e urbanista, assessore all’edilizia di Milano (cui si deve tra l’altro il progetto del nuovo Ospedale Maggiore di Mila- no); Sileno Fabbri, al quale si deve la stipula di una convenzione tra l’Amministra- zione Ospedaliera e la Regia Università che rappresentò l’atto di nascita dell’O- spedale Policlinico di Milano; Angelo Campiglio, proprietario della Villa Necchi Campiglio oggi casa museo del FAI; Francesco Cetti Serbelloni, Presidente del Touring Club Italiano; i senatori Guido Ucelli di Nemi, ingegnere e fondatore del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano e Giovanni Treccani degli Alfieri fondatore, con Giovanni Gentile, dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana; infine Edoardo Mangiarotti, schermidore, l’olimpionico italiano più medagliato di sempre. In continuità con le radici e le passioni musicali che dalla fondazione in quel lontano 1783 contraddistinguono la Società del Giardino, molti dei grandi nomi della musica – musicisti, cantanti, registi – sono passati nelle sale di Palazzo Spinola: Renata Tebaldi, Giulietta Simonato, Luciano Berio, Claudio Abbado, Lu- ciano Pavarotti, Franco Zeffirelli, Riccardo Muti, Riccardo Chailly, Carlo Maria Giulini, Uto Ughi, senza dimenticare anche quelli della musica moderna: su tutti, sir Paul McCartney. Di questi abbiamo traccia ma, probabilmente, altri ancora hanno varcato l’ingresso di via San Paolo 10. Nel maggio del 1956 si recò in visita al circolo S.E. Monsignor Giovanni Battista Montini, all’epoca arcivescovo di Milano, eletto poi al soglio pontificio nel 1963 col nome di Paolo VI. Merita citazione la conferenza nel 1963 di Gaetano Marti- no, protagonista del rilancio europeo che aveva guidato nel 1957 la delegazione italiana per la stesura e la firma dei Trattati di Roma, costitutivi della Comunità Economica Europea. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta ricordiamo le serate con gli autorevoli consoci Cesare Merzagora (banchiere e politico, presi- dente del Senato reggente la Repubblica durante la malattia del Presidente Antonio Segni) e Ardito Desio, esploratore noto soprattutto per aver guidato la vittoriosa spedizione che ha portato sulla vetta del K2 (la “montagna degli italiani”) gli alpinisti Achille Compagnoni e Lino Lacedelli nel 1954: proprio in quell’anno Desio entra al circolo come socio. Tra gli anni Sessanta e Ottanta si ebbero numerose manifestazioni connesse allo sport, con la partecipazione dei vertici del CONI e del CIO tra i quali Giulio Onesti e Juan Antonio Samaranch, e la partecipazione di tanti campioni nazionali. Nel dicembre del 1998 si è tenuta una serata dedicata ai Premi Nobel con Rita Levi Montalcini (1909-2012, Nobel Medicina 1986), William Sharpe (1934-, Nobel Economia 1990), Kary B. Mullis (1944-, Nobel Chimica 1993), Robert C. Richardson (1937-2013, Nobel Fisica 1996). Alcuni di questi scienziati sono tornati al circolo tre anni più tardi per una serata dal titolo For the benefit of humanity. Un omaggio di Milano per il centenario del Premio Nobel. Nel primo decennio di questo secolo vanno ricordate anche le affollate e affascinanti conferenze di Monsignor Gianfranco Ravasi, allora Prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, oggi reverendissimo Cardinale e Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, nonché Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Interessanti anche i duetti su temi di etica comportamentale che Ravasi ingaggiò con soci di rilevanza imprenditoriale e accade- mica a livello nazionale quali il dott. Cesare Romiti e il prof. Giacomo Vaciago. Infine, non è possibile tralasciare: il rapporto della Società del Giardino con le istituzioni cittadine, a partire da quello con le Forze Armate e con le Forze dell’Ordine che, a rotazione, si raccontano nel Salone Oro nella serata della loro festa, il 4 novembre, ora estesa anche a celebrare l’Unità Nazionale, talvolta con la presenza dei propri Capi di Stato Maggiore e/o Comandanti Generali; il rapporto con il Corpo Consolare, sia in collaborazione con altre associazioni sia ospitandoli, con regolarità, in serate loro individualmente dedicate, tipicamente nel giorno della rispettiva festa nazionale; per finire, quello con il Teatro alla Scala per il quale ospitiamo la serata di gala – il cosiddetto “dopo Scala”- che segue la “Prima” del programma operistico, nella notte di sant’Ambrogio, non fosse altro che per rimarcare quanto la nostra casa, al civico di San Paolo 10, rappresenti quel luogo fisico ideale e iconico proprio per ciò che la Società del Giardino da sempre rappresenta agli occhi di Milano, delle sue Istituzioni e dei suoi cittadini. Siamo così giunti all’alba del nuovo secolo, ma anche alla fine di questa premessa. Questi ultimi venti anni hanno visto tanti cambiamenti, non è il caso naturalmente – né questa la sede – di approfondirli tutti ma, sicuramente, due devono essere brevissimamente ripercorsi. Il primo: il circolo ha chiuso i battenti per un lungo periodo – diversi mesi – a causa della pandemia da covid-19. Il secondo: l’avvento delle tecnologie digitali che hanno profondamente e rapidamente trasformato il modo di socializzare e di comunicare. Le chiusure dettate dal covid hanno segnato il corpo sociale che ha provato a ritrovarsi on-line ma, alla fine, ha fatto comprendere e poi riscoprire il desiderio della presenza fisica, quindi il fascino della quotidiana convivialità al Riservino o al Tavolo Sociale e quello della partecipazione ai tradizionali eventi sociali, sempre sentiti e partecipati.La trasformazione digitale ha invece messo in luce quanto le tradizioni, gli usi e le consuetudini che la Società del Giardino ha da sempre coltivato siano davvero “senza tempo”, non rimpiazzabili da altri mezzi, congegni digitali inclusi. Tutta- via, il circolo non si è mai fermato. In questi primi duecentoquarant’anni, anzi, il circolo ha sempre – e continua sempre – a guardare al futuro, rinnovandosi nel rispetto dei propri valori e della propria tradizione.